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Diari, ricordi e desideri

Una domenica fredda, strana e silenziosa, che avrei dovuto trascorrere altrove e in cui, invece, ho lasciato spazio ai ricordi, alcuni dolci ma molti, molti amari.

Ho riletto i diari in Cui Avevo Annotato, sette anni fa, quello che mi accadde.

L’ho fatto (ed è stato doloroso) per ricordare, per rievocare, per l’ultima volta, quello che accadde.

Ho distrutto i diari in cui Avevo Annotato, sette anni fa, quello che mi mise al tappeto.
Avevo annotato le mie riflessioni, ciò che provavo, gli eventi di quei giorni, il male che ho fatto e quello che ho ricevuto.
Avevo annotato gli errori commessi, i sensi di colpa e le cose belle (poche) che accaddero, i timori, le preoccupazioni, le notti insonni, le determinazioni e la ricerca di vie d’uscita.

Più che un diario era una lunghissima lettera a Jolie, iniziato a Giugno 2010, e continuata fino alla mia partenza per Londra nel 2014. All’inizio era molto intensa (quasi ogni giorno), poi via via si è diradata. A lei ho affidato i miei giorni più duri e lei mi ha aiutato a resistere.

Erano i giorni in cui Jolie, appena tre mesi e 18 chili, arrivò a casa. Erano i giorni delle monellerie, delle prime passeggiate insieme a Mondello, dell’inseguimento dei gabbiani e dei primi bagni a mare. Erano i giorni dell’assestamento, delle giornate in ufficio insieme, quando mi aiutò a restare a galla, insieme a pochissime altre persone.

Ho distrutto i diari in cui avevo annotato quello che accadde perchè rischiavo di vedere quello che sta accadendo oggi attraverso la lente del passato. Rischiavo di distorcere la realtà e interpretarla alla luce di fatti che hanno coinvolto e riguardato persone molto diverse.

Ho distrutto quei diari per lasciare andare tutte le cose che ormai sono accadute e che, dopo averle rilette, possono anche essere solo addolcite dalla distanza della memoria.

Forse oggi ho archiviato un grosso capitolo della mia vita, rileggendo queste pagine e distruggendole.

Ho salvato poche frasi trascritte dai libri che leggevo in quel periodo.

Una per tutte è di Alessandro Baricco:

Poi non è che la vita vada come tu te la immagini. Fa la sua strada. E tu la tua. E non sono la stessa strada. Così, io non è che volevo essere felice, questo no. Volevo salvarmi, ecco: salvarmi. Ma ho capito tardi da che parte bisognava andare: dalla parte dei desideri. Uno si aspetta che siano altre cose a salvare la gente: il dovere, l’onestà, essere buoni, essere giusti. No.

Sono i desideri che salvano. Sono l’unica cosa vera. Tu stai con loro, e ti salverai. Però troppo tardi l’ho capito. Se le dai tempo, alla vita, lei si rigira in un modo strano, inesorabile: e tu ti accorgi che a quel punto non puoi desiderare qualcosa senza farti del male. È lì che salta tutto, non c’è verso di scappare, più ti agiti più si ingarbuglia la rete, più ti ribelli più ti ferisci. Non se ne esce. Quando era troppo tardi, io ho iniziato a desiderare. Con tutta la forza che avevo. Mi sono fatto tanto di quel male che tu non te lo puoi nemmeno immaginare.

E’ proprio vero, la vita non va come te la immagini. Fai programmi, piani, progetti, ma poi lei fa la sua strada e tu la tua. In questa strada, trovi persone, cani, sorrisi, baci, gioie, abbracci ma anche dolori, fai del male, ne ricevi e commetti errori.

Alla fine io volevo solo salvarmi, non ho mai preteso la felicità.

Forse è anche vero che la salvezza viene dai desideri. Forse, da un po’ ho ripreso timidamente a desiderare… forse, se anche solo uno si avverasse sarei salvo.

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