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CAMINO INGLES - Giugno 2010 - Mino - Hospital de Bruma

28 giugno 2010

Naturalmente come le ultime due notti ho spalancato gli occhi verso le tre, giusto in tempo per sentire gli ultimi suoni provenienti dal centro di Miño, musica da ballo latino americano che va tanto di moda anche dalle nostre parti.
Poi ho sonnecchiato fino alle cinque e completati i preparativi in punta di piedi siamo partiti verso le sei. È ancora buio e l’aria è fredda. Il bucato di ieri non è completamente asciutto, allora con le mollette attacchiamo qualcosa agli zaini.
A pochi metri dall’albergue c’è una palestra e

vediamo che anche lì qualcuno è già sveglio e sta preparandosi per la giornata: lì alloggia la comitiva di ragazzi che si era fermata a Neda e qualcuno degli adulti che li accompagna si sta già dando da fare attorno a qualche fornello da campo, probabilmente per preparare le colazioni.
Noi per ora la colazione la saltiamo nella speranza di trovare sul cammino qualche bar aperto.

Usciti da Miño dopo il ponte “do Porco” ci aspetta subito una salita infernale. Fino a Betanzos è un continuo saliscendi nei boschi tra piccoli borghi dove non si trova un bar aperto. Per strada però si trovano molte zone con fontane o levaderos dove ci si può riposare e rinfrescarsi. Dopo due ore di cammino ci siamo accorti che Ele ha perso i suoi pantaloni che aveva steso sullo zaino e dato che secondo lei la
colpa è mia (dovevo starle dietro invece di andare sempre forte in salita) torno indietro per un chilometro correndo libero dal peso dello zaino senza trovarli. Un peso in meno da portare. Nel frattempo però ho recuperato due bastoni nel bosco della misura giusta per lei sperando che le possano servire.
Arriviamo a Betanzos prima di nove e mezza: tanto

per capire ci abbiamo messo quasi tre ore e mezza per fare meno di nove chilometri, con il nostro solito passo calmo, ma anche per le tante salite e soste che abbiamo fatto. Abbiamo fatto un breve giro nel centro storico e poi verso il centro della città nuova camminando per un’altra salita ripidissima. La piazza principale è già piena di gente nei negozi e nei bar aperti (in periferia non apriva nessuno prima di
9:30!). Tra molti bar eleganti ci fermiamo in quello più alla mano per un caffè doppio e croissant (doppi) all’aperto. Il freddo ormai è sparito e ci aspetterà una giornata rovente.
Mentre Ele finisce di far colazione approfitto per far timbrare la credenziale all’ufficio del turismo che è proprio nella piazza e chiedo indicazioni per uscire dalla città. Poi approfittiamo dei negozietti per fare
provviste: le informazioni in mio possesso mi dicono che dopo Betanzos ci sarà un altro posto dove rifocillarsi, ma poi più nulla per chilometri: pane, chiorizo, frutta, acqua e coca cola a volontà. Uscendo dalla città, nei pressi del monumento al pellegrino (sempre in cima ad una salita, tanto per cambiare), troviamo un paio di piccoli cani aggressivi che vorrebbero impedirci il passaggio, ma si calmano subito alla vista del bastone (io l’avevo preso solo per questo).
Alle tredici, dopo un paio d’ore di boschi e sole a picco, dove tra l'altro abbiamo trovato un sacco di cartelli che pubblicizzavano un numero di telefono per chiamare il taxi, nei pressi di Limiñon o giù di lì, troviamo un piccolo cimitero con l’immancabile chiesetta al centro che facendo ombra ne fanno un

luogo perfetto per fermarsi, riposare e pranzare. Devono averla pensata come noi anche altri tre giovani pellegrini spagnoli che se ne stanno sdraiati per terra a sonnecchiare; uno di loro apre un occhio e sorridendo ci augura “buen camino”.
Ci fermiamo. Appoggiati al muro mangiamo solo un po’ di frutta e usiamo la fontanella con un secchio di pietra alla base per bagnare i piedi. È bastato
davvero poco per farci ritornare le energie. Dopo mezz’ora siamo pronti a ripartire e in quel momento arrivano anche Alessandro e David che sono partiti un’ora dopo di noi questa mattina e ci hanno già raggiunti. Per tutto il giorno sarà un continuo rincontrarci sul cammino, loro ci superano sempre, poi li raggiungiamo quando si fermano a riposare. Anche i tre spagnoli quando camminano vanno come treni, ma poi li troviamo seduti da qualche parte nei boschi, magari a cucinare qualcosa col fornellino da campeggio. In una casa (grazie anche ad Alessandro e David che ci sono arrivati prima di noi) ci offrono acqua fresca ed è un vero sollievo perché non c’è un filo di vento, il caldo non è afoso, ma si fa sentire e nei boschi gli alberi non fanno ombra abbastanza per avere un po’ di frescura. Passiamo poi per il bar Julia, avrei preso un gelato, ma non trovo nessuno al banco.
Andiamo avanti, la guida dice che c’è una fuente con acqua freschissima sulla riva di un torrente, ed è vero, ma c’è attaccato il simbolo di “non garanzia di potabilità”. Ci rinfreschiamo solamente, ma poi arriva un hombre del luogo che la beve senza problemi e ci spiega che l’acqua arriva da un lago in cima ai monti e
la giunta non avendola trattata non può garantirla. Ne bevo subito un litro e riempio le borracce. Ci riposiamo bene perché da lì ci sono ancora dieci chilometri di cui almeno tre di salita bella dura. Il primo tratto su asfalto è pendente, ma sopportabile. Ele già annaspa, ma su una seat ibiza grigia arriva Benigno, l’hospitalero di Bruma che sta facendo un giro per controllare se stanno arrivando dei pellegrini: si offre di portare all'albergue almeno gli
zaini, ma io stoicamente rifiuto, anzi spero proprio che Ele accetti un passaggio e si faccia portare, perché è proprio distrutta. Invece vuole finire la tappa, ma cede lo zaino al signore e proseguiamo. Sono le diciassette. Il señor ci dice che tra un paio d’ore saremmo arrivati andando con calma.
Ci sono quei tre chilometri davvero terribili: non ho
mai sofferto nessuna salita in questo cammino, ma questa mi ha tolto davvero il fiato. Andiamo pianissimo e ci fermiamo mille volte. Ele senza zaino sembra andare meglio, ma la pendenza stronca subito la sua voglia di camminare ritrovata, poi, poco alla volta, superiamo anche questa. Non so quanto ci abbiamo messo, di certo più di un’ora. Subito dopo ci si può dissetare e la salita si fa
talmente dolce che sembra pianura, ma mancano ancora più di sei chilometri.
Sempre con passo blando e stanco andiamo avanti mangiando allegramente pistacchi, ma
il tempo passa e l’albergue sembra non arrivare mai. Sono già parecchie ore che non guardo la guida e non so a che punto ci troviamo. Alla fine trovo l’unico bivio non segnalato e anche la guida non mi aiuta molto. Avrei dovuto trovare un ponticello su un torrente e in effetti, ascoltando bene, il rumore dell’acqua proveniva dalla mia destra e naturalmente ho preso la strada a sinistra e mi sono fatto almeno un chilometro per niente prima di arrendermi e tornare al bivio dove avevo lasciato Eleonora. Nel frattempo sono giunti i tre ragazzi spagnoli che dopo qualche indecisione vanno nella giusta direzione. Proseguiamo senza seguirli (vanno ancora forte) e alla fine arriviamo a destinazione. Il sole è ancora alto nel cielo, ma sono le venti e trenta. Più di quattordici ore di cammino.="try>


Beniño e Carmen, gli hospitaleros di Bruma sono ormai un’istituzione del camino ingles, sia perché sono gli unici, sia per la passione con cui svolgono “questa missione”. Ad ogni pellegrino che arriva viene mostrato il rifugio, assegnato il letto, ordinato anche la cena dal albergo vicino (Meson Novo) per chi è troppo stanco per cucinare o non ha voglia di farsi altri due chilometri per raggiungere l’unico ristorante della zona. Abbiamo fatto un po’ di casino per il sello perché Ele non trovava più la carta d’identità, ma poi tranquillamente ci siamo fatti la doccia mentre aspettavamo l’ottima cena, pasta fredda per due, carne asada per Ele, merluzzo per me, e torta di Santiago; oggi ho fatto io il bucato (poca roba, come sempre) e poi due chiacchiere prima
di andare a letto distrutti. E qui apprendiamo che il tedesco e i due danesi non sono riusciti a finire la tappa e hanno approfittato del taxi per farsi venire a prendere nei boschi :-) e guardano tutti mia moglie con molto “respect” per avercela fatta. Facciamo qualche foto perché probabilmente non si fermeranno a Sigueiro, ma raggiungeranno direttamente Santiago con altri mezzi. La famiglia spagnola e la comitiva di ragazzi (che pare fossero attesi all’albergue) non sono arrivati, avranno saggiamente diviso la tappa in due parti, in compenso c’è un altro pellegrino spagnolo e Fiorella, una signora anglo italiana originaria di Bologna che fa solo qualche chilometro al giorno godendosi con tutta tranquillità le bellezze di questo cammino. La giornata termina ed è bastato avvicinarmi al letto per addormentarmi. Anche stanotte ho aperto gli occhi mentre tutti dormivano ma è stato solo un attimo, troppo stanco per pensare ad altro tiro dritto fino a quando mi sveglieranno.



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