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"Tavola e casa, oggi, ci opprimono!": riflettendo sull'antologia "Natale scapigliato"

(di DEBORAH MADURINI) - Quale Natale per i «maudits» italiani all'indomani dell'Unità d'Italia?
Certamente un Natale polemico e anticonformista, un Natale che offre il fianco a un vibrante j'accuse verso l'ipocrisia borghese, Che Nel Giorno della festa santa raggiunge il suo apice, ma non solo. Per gli artisti scapigliati, infatti, il giorno di Natale si rivela anche quale tragico momento in cui affiorano l'acuta malinconia e il nostalgico rimpianto verso un'infanzia ormai perduta, un'infanzia che, a ben vedere, simboleggia un lontano passato fondato su valori umani ormai sepolti dall'arrivismo e dalla corruzione della nuova, arricchita borghesia.
Questo è quanto emerge dalla splendida antologia Natale scapigliato, curata da Giuseppe Iannaccone e pubblicata da Interlinea nel 2011; un'antologia che dimostra come neanche gli anticonformisti della Scapigliatura vengano meno alla chiamata della tradizionale letteratura natalizia ottocentesca, benché declinata secondo una caratteristica sensibilità anticonvenzionale e propensa a un profondo dolore esistenziale.
Natale scapigliato si apre con tre meravigliosi racconti del più aristocratico tra gli scapigliati, ossia Carlo Dossi. Il primo dei racconti antologizzati dello scrittore di Zenevredo è Il Natale: in uno stato di mezzo tra sonno e sogno, il protagonista rivive nella memoria i felici Natali della propria infanzia; rivede la fantesca che lo conduce a casa dopo un'esaltante passeggiata tra le sfavillanti vetrine stracolme di giocattoli e ghiottonerie, si immagina a scartare nuovamente i regali ardentemente bramati dei parenti più prossimi e si ritrova ad affidare i suoi desideri di fanciullo ai buoni Re Magi. La gioia del Natale ha completamente invaso il suo cuore e, al risveglio dal sogno, il sole inonda la sua stanza come a voler farsi partecipe di quella gran felicità, ma... una nota amara annienta la giocosa atmosfera del racconto, infatti: «Dio! da quanto tempo sono scomparse quelle facce amorose, che, in tali mattine, brillavano intorno al mio letto, col più trasparente segreto nei loro sorrisi, faccie per rivedere le quali m'è d'uopo riconfortar la memoria a fotografie ingiallite come foglie autunnali!... E neppure c'è un bimbo che attenda la mia!».
Se il successivo racconto antologizzato di Dossi, Presepio ed albero, si mostra quale accusa (per nulla velata) a un «intedescamento» dell'Italia che predilige «l'irsuto e malinconico pino» della tradizione germanica al «presepio dalla dolce fisionomia italiana», il terzo ed ultimo racconto dossiano torna a tinte marcatamente malinconiche. Questa, infatti, la chiusa di Natale in solitudine: «Ed ecco […] il camposanto. Due mesi non sono scorsi e in quel campo si affollava una turba quasi carnevalesca che appendeva alle tombe il suo fracassoso dolore di latta verniciata e di fiori comprati e calpestava la pace del luogo. Ma i morti non amano la teatralità e la danza macabra. A loro piacciono le visitine celate, gli appuntamenti a quattr'occhi. Oggi è Natale, il dì degli affetti, il dì dei ricordi, eppure non orma d'uomo s'imprime sull'umida zolla del cimitero, né un fiore adorna le croci, fuorché il nostro». Quale più cocente accusa verso le ipocrite celebrazioni natalizie della borghesia?
A quelli di Dossi, seguono i cimiteriali racconti di Ambrogio Bazzero: Natale in famiglia e Natale (Fantasie). I Natali di Bazzero sono, per dirla con lo stesso Iannaccone, «Natali avvolti nella lugubre atmosfera di una tomba» e Natali di felicità possibili ma solo immaginate. E' così, infatti, che Natale in famiglia ripercorre, attraverso la visita di un infreddolito rampichino, le tragiche esistenze e le tragiche morti degli abitanti di una vecchia villa rococò ormai in stato di abbandono e decadenza: «un abbandono che scolora tutto cogli strati di polvere e di muffa, e che dà a tutto un aspetto di remoto, di sconfinato, di sepolto».
Notte di Natale di Camillo Boito ricorda, invece, per certi versi, la tarchettiana Fosca, con una donna brutta e spaventosa che si reca al letto del moribondo protagonista facendolo morire di paura, quasi a compimento dell'orrida ossessione che ella stessa gli aveva generato.
Non mancano comunque, nella raccolta, picchi di pura ironia: è quanto avviene ne I drammi del Natale di Antonio Ghislanzoni, racconto che vede l'antropomorfizzazione di due polli innamorati che, nel periodo precedente il Natale, intrattengono un rapporto epistolare al termine del quale si raccontano la terribile scoperta dell'inganno degli uomini. Gli stessi uomini che fino a quel momento li avevano nutriti a dismisura, infatti, arrivato il giorno di Natale, preparano i ferri... e il forno!
Nel Ghislanzoni, dunque, la componente critica va ricercata per lo più nella freddura e nella risata che tende ad un inaspettato rovesciamento.
Ma il riso dura poco in Natale scapigliato! Successivo a Ghislanzoni, infatti, è il tragico racconto di Giuseppe Cesare Molineri, La povera Teresa, in cui una donna anziana e ridotta in povertà, non trovando nella carità della gente quanto di necessario per sopravvivere, muore di stenti nel giorno di Natale accanto ad una cappella mortuaria, lasciando il neonato nipotino da crescere: «Spuntava il sole, e coi primi raggi disegnava un'aureola di luce intorno ai bianchi e scomposti capelli della povera Teresa, che spirava di freddo e di stenti, sola in faccia all'aperta e desolata campagna». Anche in questo caso, mi sembra, non è necessario evidenziare la cocente critica ad una società che nel giorno di Natale inneggia alla gioia e alla fratellanza, lasciando morire di fame la povera gente.
L'antologia si chiude con una sezione di poesia che vede raccolti i componimenti di Emilio Praga, Ferdinando Fontana, Carlo Malinverni, Corrado Corradini, Remigio Zena e Olindo Guerrini, ognuno dei quali declina la ricorrenza del Natale secondo la propria sensibilità. Spiega Iannaccone: «la retorica pauperistica infarcisce queste esecrazioni in versi di poeti indignati dalle disuguaglianze sociali, ancora più amare sotto l'albero e nei pressi del presepe».
Chi non avesse ancora pensato alle letture natalizie, dunque, può dedicare l'avvento del Natale a questo delizioso libretto stracolmo di spunti di riflessione e di innegabile talento letterario.


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