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La polizia a caccia di demoni nella Napoli di Stefanelli

(di LUCA RAIMONDI) - “Sono un ispettore di polizia e i casi su cui indago sono molto particolari: hanno a che fare con i demoni. Ho una bara tatuata sul petto, il mio personale accesso al mondo degli spiriti. Ad aiutarmi ci sono mia figlia Giulia, che mi affianca da quando ho tentato di suicidarmi dopo la sua morte, e uno strano nano dal naso bitorzoluto, Caronte, custode di segreti e manufatti mistici. Sono Il Cacciatore, trench lungo e nero, cappello con ampia tesa, occhiali scuri, tatuaggi, piercing, collane con crocefissi dappertutto e un tocco di stile personale: non mi faccio mai mancare del rhum, la musica dei Led Zeppelin e il sanguinaccio, fatto in casa come una volta, con vero sangue di maiale.”
Si presenta così l'ispettore capo Apollinare Neiviller, da tempo incaricato dal suo superiore, il vice questore aggiunto Aldo Santolobuono, di occuparsi di casi particolari. Quello su cui sta indagando da un paio di settimane vede undici persone apparentemente morte suicide, tutti pazienti di un rinomato psicoterapeuta, il dottore Cesare Acunzo. Apollinare scoprirà che causa di tutte queste morti è un essere demoniaco, il dibbuk, lo spirito di un morto che, provando una forte acredine nel momento della dipartita, ha fatto un patto con il diavolo pur di vendicarsi. In un susseguirsi di indagini, nuove morti, aiutato dagli spiriti delle vittime e da quelli che da sempre lo seguono, da sua figlia, anch'ella morta, e da Caronte, un nano custode di manufatti mistici, Apollinare riuscirà a capire come sconfiggere il mostro. L'epilogo finale riserva ovviamente una sorpresa.
Salvatore Stefanelli è un autore napoletano, classe 1963, che in questi ultimi anni ha accumulato più di ottanta pubblicazioni in antologie di editori diversi. Nel 2013 ha vinto il 30° Premio WMI (Delos Books) e con Nero Press Editore nel 2015 ha pubblicato l’ebook L’origine della notte e l'anno successivo l’horror Apollinare Neiviller's story, note rosso sangue (finalista al Premio Amarganta 2017). Nel 2018 le avventure di Apollinare proseguono nel nuovo racconto Innocenti spiriti, sempre per Nero Press. L'autore è già al lavoro sulla terza storia di Apollinare, questa volta in forma di romanzo, ma intanto concentriamoci su quest’ultimo lavoro davvero brillante e godibile, decisamente anomalo nel panorama letterario nostrano. Un racconto lungo, o romanzo breve che dir si voglia, che ha un bel ritmo, scandito da una voce narrante che ricorda quella fuori campo di tanti fumetti noir. Il protagonista magari non è originalissimo e per di più dal nome pretenzioso (vorrei poter citare l’Harry D’Amour barkeriano ma forse siamo più dalle parti dei fumettistici Dylan Dog e del Constantine della serie Hellblazer, anche se Apollinaire veste come Bogart in Casablanca e un po’ come lui brinda all’amicizia) ma sicuramente interessante da stare ad ascoltare, perché acido e sboccato il giusto e dalle imprevedibili tendenze depressive (è un frequentatore inesausto di cimiteri) che lo hanno spinto ad anelare il suicido e ad avere una certa malcelata aggressività verso il prossimo. “Se qualcuno potesse leggere nella mia testa i pensieri in momenti come questi, le emozioni di fronte alle cose, forse mi riterrebbe un pazzo”: un poliziotto dell’incubo sull’orlo del burn out, verrebbe da pensare, più che altro.
Tra un manierismo hard boiled e l’altro, Apollinare conduce con mano sicura la sua indagine, che a un certo punto sprofonda in notevoli suggestioni sovrannaturali e fantasy, con questo demone della tradizione ebraica, il dibbuk, a ergersi come antagonista di tutto rispetto, un servo di Satana che colleziona vittime come fossero figurine della Panini. La scrittura di Stefanelli è davvero essenziale, non ha l’ambizione di sembrare di alta scuola e se questo potrebbe far storcere il naso ai buongustai della narrativa, soddisferà di sicuro il lettore medio appassionato di gialli ibridati con l’horror, che una volta tanto potrà annusare a pieni polmoni la diabolica puzza di zolfo in un contesto italiano che forse poteva essere valorizzato con più decisione. La Napoli che s’intravede sullo sfondo rimane, infatti, una “quinta” appena abbozzata, ma conosciamo tutti il potenziale di quella città, che ha davvero tutti i requisiti per diventare un ulteriore personaggio in qualunque genere, tanto cinematografico che letterario: basti pensare alla Napoli velata di Ozpetek o alla narrativa della Ferrante (L’amore molesto in primis). Spero che Stefanelli riesca, nel romanzo su Apollinaire che verrà, a farci assaporare una Napoli horror che finora è un po’ mancata nell’immaginazione dei nostri letterati.


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