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Magnifici perdenti. Poesie di Iannozzi Giuseppe illustrate da Valeria Chatterly Rosenkreutz

Magnifici perdenti

Antologico con inediti

Iannozzi Giuseppe

illustrazione di Valeria Chatterly Rosenkreutz

Tra gli abissi di Mary

Per te dal francese traducevo
le più amare e avare poesie;
per te le Alpi scalavo e scendevo
con la colpevole consapevolezza
che un altro amavi e odiavi
ché ti reggeva le spalle la Nera Signora

Nell’occhio destro quel tic
che mai ho dimenticato
e che a un semaforo collassato
tenero ti prostituiva
Eravamo giovani allora
Mi raccontavi sempre la sua storia e la sua fine,
di come nell’esercizio della sua divisa s’inabissò
Eri tu un angelo, un angelo bruno caduto
In un tempo lontano a tutti sconosciuto,
delle ali il peso dalla schiena scucisti via
continuando però a credere senza credere
che non per sempre le ombre restano ombre,
che non per sempre gli angeli vittime di sé

La vita mia no, non l’hai sentita tua mai
neanche quando dal petto
a mani nude, bene a fondo, la scavasti;
neanche quando
fra funghi chiodini e pozzanghere di sole
ridendo sguardi contro a lui in ombra,
senza un’avemaria, da sola la seppellisti

Per questo, per questo
di punto in bianco
smisi di tradurre escrementi e brutture
Tra gli incidenti del passato
perdemmo entrambi qualcuno,
e tu forse un’ossessione di più,
tu forse qualcosa di più
Tu forse qualcosa di più

Col suo carico scimmiesco
ti cavalcava la Nera Signora,
l’amata tua Signora

Nonostante l’ingenuità del momento, Mary,
dei denti lo avvertivo anch’io lo stridio violento,
per questo solamente ogni cosa oggi ti perdono
Per questo solamente oggi ti perdo e non ieri

Per questo solamente oggi ti perdo e non ieri

Magnifici perdenti

sulle orme di Leonard Cohen

Seduto a un tavolino francese
su un taccuino giallo le mie poesie;
ti faceva ridere l’idea, vedere
che dal sole al tramonto bersagliato
su asfalto e cemento
l’ombra mia ebrea s’allungava

Chissà se hai mai visto l’aurora sfaldarsi,
se sei stata mai sfiorata dal pollice di dio,
dall’implacabile sua tenerezza!

E dove sei ora, a cosa pensi,
non lo so
E che fai ora, a chi pensi,
non lo so
Forse ancor ridi di qualcuno
che nella Cabala si perde
sognando d’averla vinta sulla vita

Chissà se hai mai saputo di quell’uomo
che dal niente tirò su un faro abbandonato!
Chi sa quante cose, quante ancor non sai

Forse, forse solo ancor ridi di qualcuno
Forse ancor non comprendi il niente
e chi di te ha una disciplina più forte

Kamasutra

Perché sulle tue posizioni resisti,
come una Gerusalemme sconfitta
per l’ennesima volta
in una vecchia favola,
che nessuno ha ancora scritto col sangue
dalla sua prigione di silenzi e urla?
Perché resti così, con il cuore chissà dove
e la mente che al di là di tutto spazia,
come un kamasutra braccato dalla fama?

Perché il solito caffè al mattino
e un po’ di nebbioso affanno
che mi fa dolceamàro lo sguardo
sul mondo. Che non conosco bene;
e che so immaginare, tanto per.

L’ultimo passo
(alla mia maniera)

Ho camminato la via,
e non è una poesia
Ho camminato
Ho inseguito
e mi sono inseguito

Alla mia maniera
ho cercato, ho cercato di dare
un senso a tutto questo
sbagliando sbadigliando sbancando
Alla mia maniera, colpevole sì,
ma solo delle impronte lasciate
sul freddo assassinio della vita mia

Così oggi penso che sono stanco
Tutto deve avere senza fiato una fine
perché ho camminato fino in fondo
Bene o male, l’ho fatto alla mia maniera
perché ho legato le stringhe delle scarpe
camminando sempre verso il sole o la luna
Per dio! L’ho fatto, sì che l’ho fatto,
fino a che le ginocchia han retto il peso

Non posso più sbagliare:
non è mio desiderio desiderare
né ho bisogno di sapere
che fine hanno fatto
gl’amori miei giovanili
Ho camminato la via,
e non è stato per poesia
Mi sono inseguito
e ho inseguito senza risparmiare
il fiato per il domani
Così, lo capisci da te
che ora non posso più sbagliare

Ho perdonato e perduto lungo la via,
e il contrario, così oggi sono arrivato

Non posso più sbagliare
Alla mia maniera farò l’ultimo passo
per dare giusta sepoltura al mio assassinio

Non posso più esser perdonato
né lo desidero, come uomo
Così penso solo all’ultimo passo

Alla mia maniera sono arrivato

Vita spezzata

lasciamo questa città d’incorporee visioni
lasciamo questa tomba a cielo scoperto
torniamo indietro insieme
dove i violini non sanguinano buie note
dove la vita non si spezza sull’archetto

ha rubato il fotografo le anime
e i giornali ripetono le solite bugie
e io ho prestato la gola al primo marinaio
perché mi desse via nel sangue e nell’amore
ma è servito davvero a poco
se non riesco ancora a sorridere
se ancora son divorato dal desiderio
di uccidere le bianche colombe
per tingerle di rosso
e illudermi poi che siano rose

siamo solo vittime
di tutto quello che abbiamo perduto
per strada, siamo solo passi ambulanti
per una vita spezzata
per ricami di illusioni

giorni di pioggia sul mio davanzale cadono
per rompersi l’osso del collo
e quelli di sole li imitano
lasciamo queste case d’incorporee visioni
lasciamo questi cadaveri a cielo scoperto
e torniamo indietro insieme, insieme

non è ancora troppo tardi
per essere dolcemente egoisti
carica la mano e falla volare in uno schiaffo
che mi restituisca al bacio del giuda piangente

torniamo, torniamo indietro insieme
dove i violini non ci spezzano le dita
dove la vita non è emorragia di lacrime

Jeff

ricordando Jeff Buckley

manca a tutte le creature
la tua voce
che tremava poesia
– rosa spogliata
presa in presto autunno
troppo violento

così giovane per morire
soffocando
e lasciando a noi
che ti invidiammo,
che ti amammo,
la Grazia
ma non soltanto
– i giovani amanti
sanno perché
piangendo lacrime
di anime spezzate

sentire la vita,
Jeff, fu facile
ma crudele
– il corpo restituito
abbandonato,
e un coro di pianti
quaggiù

invisibile la mano di Tim
ti soffocò l’ultimo spavento
accompagnandoti poi lassù
a scardinare le Porte del Paradiso
con ingenuo sorriso in pieno viso

angeli siedono ora al tuo fianco
imitando indarno l’Anima tua
con flebile flebile voce di dio

Di sonno

cerca dio una soluzione
all’eterna sua solitudine

cerca soltanto la televisione
e una pistola di sonno
sul cuscino, prima che sia
di nuovo la luce del mattino

Innamorati

Quando mi dicesti
che non potevi amarmi più
Quando mi ricordasti
che non mi sopportavi più,
una lacrima soltanto
a scendere piano piano giù
L’anima però mi tradiva
e annegava sempre più
a fondo, sempre di più

Sì, tu la vedesti morire
la mia vita in te
E vidi io la tua ridere
di dolore per me

Così le anime ci tradirono
perché ancora innamorati
e teneramente disperati
Perché ancora disperati
e fortemente innamorati

Spegnersi

ci spegniamo
non perché la felicità
evanescente
o perché la tristezza
sconveniente

ci spegniamo
e lo sappiamo
proprio come quando
ci innamoriamo
perdutamente

Voce

Voce, per essere bugia
e lama di rasoio.
Voce soltanto
per non essere
fermo a quel bivio
che da sempre si taglia
in essere o non essere.

In punto di morte

Vengono gli anni vengono
E li temiamo e ci illudiamo
che in mano li reggiamo
Non son però
gli anni mai abbastanza
E li amiamo
E ci temono

E in punto di morte
viva si fa la sorte

E tremano le ossa
e le unghie pure:
si è per morte improvvisa
nel vuoto d’una stanza

Ma un fiore di cinismo
si farà bello
alla faccia degli anni
che vanno e vengono
Fiorirà alla faccia nostra
per suggellarci
nella fredda terra

E ci temono,
gli anni temono
che nostra putrefazione
possa dargli profanazione

Così gli anni
agli uomini affini

Foglie d’autunno

M’hai dimenticato, amor mio!
Con le mie scarpe di fango
a lungo ho camminato;
disperato, ne la selva ho vagato
sognando il tenero tuo seno;
e all’ombra d’un nudo albero,
per caso, un dì m’hai trovato
per sempre addormentato.

Amore, così, senza scampo:
ero in te, una lattiginosa lagrima
che sol aspettava di piangersi
per perdersi su le brune foglie
d’un inquieto autunno di vento.

Di tradimento

Odor di polvere da sparo
E tu ridi forte, come niente
E di lussuria mai paga
l’ultimo alito della vita mia
lo ingoi pel piacere
della gola tua solamente

Ingoi sì tanto profondamente
quel mio scomposto amore
che t’apparve di tradimento

E nell’aria leggera eco,
una scia appena di dolore

Aiutami e sparami

Aiutami e sparami
E non dire una parola
Tu la sai la verità,
la vita mia giusto un crimine
e per questo così divertente
Ma oramai al termine il tempo

Piume di dio

fossi stato ricco o bello
sarei stato frale talento,
un naturale vaffanculo

e invece impastato
nell’umano imperfetto
da solo sbando ebbro
affondando col mio battello,
picchiando ben forte però
col mio martello di piume
– di nuvole rubate al cielo -,
ogni anima che osa
il passo suo avanti al mio

oh sì, da solo sbanco ebbro,
uguale al suicidio di dio

Cadere in amore

bella ragazza, a che… che diavolo pensavi
quando l’altezza ti ha presa in vertigine
per spingerti a baciar l’asfalto e il sangue?

bella ragazza, cader in amore schianta
così ti ho dimenticata sotto il lenzuolo
dando il passo oltre l’ultimo tuo bacio

[ senza titolo ]

il giorno e la notte
mano nella mano si sognano,
e soltanto aspettano
che tu dia loro un nome
che li possa legare
colla forza dell’amore
– della disperazione

Faccia a faccia

Cosa provo? Io, io se provassi qualche cosa sarei costretto ad ammettere che esisto, che ho un corpo. E questo non lo posso proprio fare, per via della mia congenita pazzia e per tutto quello che non è lecito confidare neanche a sé stessi. Ma tu pensa se la pazzia fosse l’anima, la sola che conta veramente. Ma tu immagina se la pazzia fosse la sola soffocante realtà che hai disposizione, allora questa pazzia sarebbe l’unica religione di cui avresti veramente bisogno per sentirti in prigione nella scatola biologica – altamente deperibile – che è la vita. Cosa provo? Io so solo che ho voglia d’iniziare il mio lavoro: senza pietà tagliare cordoni ombelicali, per poi poter finalmente affacciare la mia faccia di fantasma nel camerino d’un dozzinale manifesto pubblicitario.

Per tutto quello che

Per tutto, per tutto quello che m’hai dato
Ma devo crederlo; vedo coi miei occhi,
tu che prendi al tuo seno altra primavera
Io stordito rimango qui a dirmi che è vero
E le stelle in cielo hanno già perdonato
e io non riesco a scartar la carta dal mazzo
Fortuna è persa per sempre nella mano
che non oso, per tutto quello che m’hai dato
Per tutto, per tutto quello che mai ho osato

Uno sguardo appena

Con uno sguardo appena
puoi tenere il mondo
a portata d’occhio,
puoi fucilarlo al muro
o portarlo in paradiso
Con uno sguardo appena
puoi tutto questo immenso
E tu che coltivi ortiche
e gialli girasoli lo sai
che è proprio così
Sì, lo sai quant’è difficile
accettare il Bene e il Male
sulla propria pelle al sole

Vigliacca

senza scelta, così vigliacca
vieni a me con alito pesante di sarcofago
ma all’aria ci sono ancora i quattro punti cardinali
e le mie gambe sanno camminare da sole
per andare incontro al sole

tra grattacieli e uomini neri
ti sei fatta strada dando sempre i punti
ma adesso non c’è più nessuno che ascolti
la tua preghiera
così tremi al buio, come un dente malato
che non sente più lo schiocco della lingua

hai lasciato dietro di te le possibilità
e le cerchi in me
che sono già lontano da te
per tornare barbaro, per guardare in me

senza scelta, così vigliacca
mi vieni a fare la predica
senza scelta, vorresti portarmi a fondo
con te, ma ho il sole in faccia
e tu, bambina vigliacca, non ce l’hai

all’aria ci sono ancora amori da sopportare
e almeno un dio da scopare
per ogni punto della bussola

e tutto questo ti convince che sei matta
e tutto questo ti lascia le parole in bocca
a seppellirsi nel tuo alito di sarcofago

così vigliacca, così vigliacca
chi non sente il colpo di frusta della sua anima
persa per sempre, presa da sempre nel niente


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