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Salvare se stessi! Riflessioni sulla scrittura – Bukowski, racconta! – a cura di Iannozzi Giuseppe – Il Foglio letterario

Salvare se stessi! Riflessioni sulla scrittura

Bukowski, racconta!

Iannozzi Giuseppe

Bukowski, racconta! – a cura di Iannozzi Giuseppe – Il Foglio letterario

Ognuno di noi è libero di esprimere la propria libera opinione in merito a un’opera d’arte: può incontrare o meno i gusti del fruitore, questo è normale, rientra nell’ordine naturale delle cose. Nessuno pretende che a tutti piaccia il vino rosso, tanto per portare un esempio banale.

Sigmund Freud arrivò a formulare l’idea che la maggior parte delle malattie derivano da una ben precisa scontentezza. E questa scontentezza è quasi sempre da ricercarsi nell’approccio con il prossimo, nella non soddisfazione della propria sessualità.
Bukowski non ha mai parlato di sesso e di atti sessuali per dar corpo a un bel cumulo fatto di niente, tutt’altro: attraverso racconti, romanzi, poesie, ha invece evidenziato, in maniera realistica le nevrosi di una società incapace di incontrarsi, sempre disposta a conculcare l’umanità e la bellezza. La nevrosi, quel malessere di cui soffre la società, è la frustrazione sessuale, non si sfugge; non a caso, nei paesi dove ancor oggi vige un regime dittatoriale, la sessualità viene negata, annientata e non da ultimo viene detta contraria alla politica (quale politica!). La libertà sessuale, dalla notte dei tempi, viene ostacolata affinché pochi possano tenere le redini del Potere. Tutti i regimi dittatoriali, nel loro programma di distruzione di massa, negano la libertà sessuale, ben sapendo che annullare la sessualità porta a tenere in catene il popolo. Era così 8000 anni fa ed è così ancor oggi.

Se è vero che “siamo fatti della stessa materia dei sogni”, è più vero dire che i sogni – ovvero l’espressione di un desiderio di libertà – concorrono a formare l’individuo. Charles Bukowski, al contrario di molti altri, questo lo aveva ben compreso. Guardava alla società con un quasi mai nascosto cinismo. Aveva ben compreso che non esistevano proclami di libertà che valessero due lire in una società avvezza a soffocare l’individuo, ad annientarlo, ad allontanarlo (da sé e dai suoi simili). Più di altri Hank aveva compreso che la radice dell’infelicità era, ed è, una e una soltanto: non amare sé stessi. Ha dunque salvato sé stesso ed è più di quanto milioni di uomini e donne facciano oggi, perché i più chinano il capo, accettano di vivere solo per sopravvivere, e sopravvivono e muoiono in solitudine. Non è la morte a far paura all’uomo, è invece la solitudine, una morte che si prolunga ben al di là della morte, peggiore di qualsiasi altra si possa anche solo lontanamente immaginare.
Bukowski celebra dunque la libertà, una libertà dionisiaca, quella che alcuni illuminati filosofi e artisti greci avevano raggiunto in epoche passate. Resiste forse il pregiudizio di pensare che Hank fosse Hank e basta, uno che solo si limitava a scrivere quello che vedeva e che viveva sulla sua propria pelle. In realtà Bukowski era una mente acuta che aveva speso non pochi anni sui libri, leggendo di tutto, con voracità sopraffina. Dico questo per scalzare il pregiudizio che resiste in molti che Bukowski fosse un ignorante, che scriveva di sesso per dare la stura a qualcosa di fine a sé stesso.
Per queste ragioni penso che “Bukowski, racconta!” non è un libro scritto per imbrattare la carta e occupare scaffali: è invece un concentrato di solitudini, di tentativi di superare e annientare nevrosi, di salvare sé stessi dalla solitudine, da una morte prolungata ben oltre la morte.

Quando si parla di Charles Bukowski, ma anche di altri scrittori quali Richard Ford, Raymond Carver, Tobias Wolff e dello scrittore cubano Pedro Juan Gutiérrez, non è possibile non parlare di realismo sporco. Il realismo sporco è una corrente letteraria nata negli Stati Uniti d’America, tra gli anni Settanta e Ottanta. Ed è tutt’ora una corrente letteraria che gode di buona salute, che annovera tanti e tanti scrittori contemporanei. Che dire, ad esempio, di E.L. James (che è una scrittrice) e che fortuna ha trovato grazie a romanzi ben più espliciti e sadiani rispetto a quelli di Bukowski? Problema di E L. James è, a ben vedere, poi uno solo: non fa altro che riscoprire la scrittura sadiana, quella del conte Donatien-Alphonse-François de Sade, meglio noto come Marchese de Sade. Nel Marchese de Sade, sì, c’è la perversione fine a sé stessa, c’è brutalità, c’è una ben radicata malattia atta a distruggere qualsiasi forma di bellezza. E’ molto, molto più che crudo, è crudele de Sade e non solo a livello scrittorio. Mentre de Sade distrugge, Charles Bukowski costruisce sulle macerie, e la differenza è ben tangibile. Bukowski salva sé stesso ma salva anche quella parte di umanità che, bene o male, riesce ad amarlo.

Non credo di sbagliare dicendo che il realismo sporco sia ad appannaggio di tutti, senza distinzioni sessuali. Non nego che a qualcuno/a possa non interessare leggere storie bukowskiane, ma l’umanità è bella perché varia, perché è il più grande spettacolo che c’è, e non costa un centesimo partecipare a questo spettacolo, parafrasando Bukowski.

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Bukowski, racconta!
Curatore: Iannozzi Giuseppe
Editore: Ass. Culturale Il Foglio
Collana: Narrativa
Formato: Brossura
Pubblicato: 08/04/2016
Pagine: 190
Lingua: Italiano
Isbn o codice id 9788876066177
Prezzo: 14 Euro

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