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Ricordo soltanto il tempo dopo l’amore

Ricordo soltanto il tempo dopo l’amore

ANTOLOGIA VOL. 121

Iannozzi Giuseppe

MIA POESIA

Ma io che mai ho censurato
la misura del sentimento mio,
non lo puoi tu sapere quanto,
quanto a lungo ho sognato
di stringerti (per) la vita,
di coccolarti sull’adulta mia vita

A mani nude
dal collo tuo lo strappai
quel crocefisso tuo d’oro
e ora di nuovo cadente
dentro ai bianchi tuoi seni;
per te lo baciai,
per te lo adorai,
nascondendo
la prima vergine lacrima
allo sguardo tuo sì severo
già perso altrove,
forse per altro amore

E ora non c’è che questa strada
fra silenzi e bassi casamenti,
e all’opposto lato
scheletri di sinistri rami
tesi all’infinito, sì tesi al domai
E non c’è che questo amore
così presto rinnegato, Mia Poesia

POETI DA STRAPAZZO

In alto mare,
col tramonto
sulla fronte inchiodato,
il successo cercano
certi poeti da strapazzo;
io invece sol desidero
il decesso loro
fra mozzi ubriachi
ed Erinni strafatte
di sole cocaina e crack

BACI DI DIO

Uccellino, uccellino,
sì grazioso sei
Caldo e pulsante,
cuoricino di piume sei
Sì piccolo
sul palmo d’una mano
ti posi e un poco stai

Uccellino, uccellino,
che cinguetti mai?
Altre briciole vuoi?
Oh, che pena!
Mi son vuote le tasche:
tutto il poco ch’avevo
tosto te l’ho dato
Solletico d’amore
in cambio ho ricevuto,
di più per me
davvero non chiedo

Quanto vorrei però
aver altre briciole
da donar al becco tuo,
per assaporare ancora
teneri baci volanti

Per amare ancora
i piccoli tuoi baci
pulsanti di Dio

IL POETA SA

Testa bassa,
conosce il poeta
la preghiera
e la gemella sua sposa,
la candela accesa

Sempre gli occhi
li tiene bassi,
non per pudore,
ma per non dover
rispondere
a chi dovesse levar
lo sguardo suo
a tiro di schioppo

Testa bassa,
il poeta sa
che domani lascerà
pensieri e cose,
dimenticato
al pari di tutti i mortali
che con bocca cancerosa
piena di stupidità,
da millenni,
il mondo l’hanno illuso
con conio d’Immortalità

DOPO L’AMORE

Dell’Eden
non ho eco
che mi scavi
dentro all’anima
Io sol ricordo
quel tuo modo
d’asciugarmi le lacrime
dopo l’amore

Col cuore in gola
sulla sabbia
disegna un bambino
Venere e il pipino;
eppur niente sa!
Ma forse già l’istinto
piano l’accompagna
verso quel destino
che prima o poi
a tutti tocca d’affrontare
con la spada
o con la Bibbia in mano

Sol ricordo le tue dita
sulle gote mie, stanche
d’infiniti rivi di pianto

Io sol ricordo
il tempo dopo l’amore

VIA PER SEMPRE

Penso, io penso debba esserci anche per noi un posto
che non sia la solita abitudine di fare le valigie
e partire via per sempre – per sempre dimenticati
e assassinati nel buio di un angolo e di un silenzio

VOI CHE TUTTO PRETENDETE

Voi che tutto pretendete
senza una briciola mai dare,
per Giuda, lontano,
lontano dalla vista mia.

Non bussate alla porta
con quelle vostre mani
di chiacchiere colme
buone solamente
su cessi e deretani altrui.

Non insozzate l’uscio mio
con preghiere guaiti ragli:
mostri da bestiario siete,
non altro, non altro, per Dio.

Non nacqui per esser bruto,
schiavo in catene obbediente
bastonato e sottomesso,
considerato meno
d’un mulo da fatica, d’uno
scribacchino di lingua muto.

E sopra tutto
non osate accomodarmi
lungo disteso al vostro livello;
non osate né ora né mai
seppellire il nome mio
col vostro sì sporco.

CAPINERA

Capinera, perché più non voli,
perché più non becchi le mie mani?
Forse perché han foggia di vanni?
Ma anche se negli occhi sta la luce
dell’aguglia, in petto batte il core
misero di chi disperato vagola
pei Setti Cieli, plorando che strale
presto lo fulmini e ponga così fine
a un’esistenza che ogni gioia
ha perso!

Ma tu, tu piangi e ridi…

Dunque tu m’ami e non per pietà!
Tu m’ami d’un amor puro,
per amplesso e gaudio dell’alma
O quale desio nutro dì dopo dì,
Capinera mia bella, tu non sai
né oso dirne qui, ora: chiunque
potrebbe pensarmi impudente,
e indemoniato; eppur come,
come resister al dolce richiamo
di quelle tue labbra sì lievi,
che delle fragole più rosse
e vergini han su il sapore?

Tu m’ami dunque! Tu m’ami
da sempre! Niuna ombra di dileggio
nel tuo sospirar, guatando l’alba
appena nata e sì presto rappresa
sul limine dei sogni a occhi aperti
Così anch’io t’amo e t’amo,
con quel fiato che i poeti soffrono
quando scorgono che la Poesia loro,
a ogni verso sulla carta vergato,
abbandona il pudore per farsi carnale

LUNA BUGIARDA

Quante volte ho fatto a botte
con l’acquasanta
vestendo
il rosso del diavolo
e la bocca a trentadue denti

Su lividi tramonti
vuoti d’allegria
ho segnato il mio destino,
perché non mi sfuggisse
il guinzaglio di Cerbero
Lungo i Sette Mari
ho cercato Sirene e Venti
E sempre sotto la Luna
ho cantato ebbro;
ma salse lagrime
m’han segato il viso
Sino a Babilonia mi son spinto,
cercando fra le macerie
una parola o un volto amico
che m’insegnasse Poesia;
e di Dio la faccia irata
subito ho incontrata,
la bocca spalancata come fornace
così che indietro ho mosso il passo
ma non prima d’aver gridato la collera,
la mortale fragilità dell’Ebreo Errante
E anche Dio ha piegato il ginocchio,
lo giuro che così è stato

Tu, Luna, che luce diffondi
di Verginità, or dimmi la Verità,
dimmi se speme è giusto nutrire
se dopo tanti e tanti anni
ancora son qui e son sempre io
non diverso non migliore,
soltanto più stanco del lungo vagabondare
Ora non tacere
Il dubbio dissolvi, adesso e per sempre
o giuro che mai più mi troverai
di fronte a te in ginocchio

DEPRESSO

Depresso. Dovrei esserci abituato oramai. E’ che non mi sono ancora abituato a sentirmi dire che sono vecchio, molto vecchio, praticamente un vecchiaccio. Ed è per questo che la mia donna mi ha lasciato, perché vecchio, perché, a dire il vero, non uno con le mani in pasta. La realtà è che sono un vecchiaccio, un poveraccio, poveraccio nel cuore, e nell’anima, e nel portafogli, Mi rimangono i libri, ma una volta finiti, che mi rimane? Lo specchio, l’innegabile verità, così credo andrò via, per un po’, duemila anni o giù di lì, in Tibet, sperando di raggiungere prima o poi una santità tutta umana.

UN MOMENTO

nell’abbraccio fiorito
son morto simile a uno spavento

nel tuo abbraccio nel cuore intinto
solamente ho cercato un momento
di negra serenità se non la verità

SETTIMO CIELO

Ci sarai. Sì, tu ci sarai.
Vieni qui, e raccontami,
come solo tu sai fare,
quella storia d’amore
che la porta il vento.

Ci sarai. Sì, tu ci sarai.
Con un sorriso dal paradiso
e uno uguale dall’inferno;
e una volta
che dalle tue labbra colto,
allora non ci sarà più
differenza alcuna
fra l’aldiquà l’aldilà e Gesù.

Ci sarai, come Dolce Follia.
Come tutto quello che l’Uomo
ha sempre desiderato,
ingoiando il suo proprio pomo
davanti a sì tanta bellezza, la tua.

Perché tutto quello
che faccio
lo faccio nel tuo Nome,
per quel Cielo di certezze
e di stelle che brucia
e benedice con la sua luce
il bacio che prende noi
in un’unica Anima.

Tu, mio Settimo Cielo,
di follia in follia,
di gioia in gioia
per l’Eternità…

CHE VUOI CHE PENSINO!

E Che Vuoi Che pensino!
Lasciali pensare a quelli
che non sanno amare
Presto o tardi il pensiero
soffocherà il loro cuore,
e allora capiranno
d’aver donato la vita
a un vuoto niente

E che vuoi che pensino!
Resteranno in piazza
a gridare “Tremate, tremate,
tremate, le streghe son tornate!”
Resteranno con una tazza in mano,
cercando lo sguardo ambiguo
d’un nano
che gli dia conforto
almeno quando il crepuscolo
tutto tinge e spenge nel suo colore



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