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Non è l’ultimo saluto anche se adesso dormi. Poesie per Cinzia Paltenghi

Tags: occhi lupa sempre

Non è l’ultimo saluto anche se adesso dormi

CINZIA PALTENGHI

Requiescat in pace

Iannozzi Giuseppe

NON È L’ULTIMO SALUTO

E adesso dormi,
e non immaginavi potesse essere così,
o forse sì: gli occhi chiusi e il buio davanti,
ma pure lui ha importanza uguale a zero
ché non lo puoi distinguere né intuire.
Ma io ricordo, non dimentico le carezze
che mi sapevi portare; non dimentico
quelle nostre discussioni senza fine
che sempre finivano come finivano,
senza soluzione, incastrate fra albe bastarde
e tramonti sempre alla boia d’un Giuda;
e sempre ce lo dicevamo che non ci credevamo
in un’altra vita, e nel nostro dire non c’era
sorpresa o disperazione, un vaffanculo sì.

E adesso dormi, dormi e non ti sveglierai
anche se ci sono puntini di sospensione,
milioni di stelle che con la loro inutile luce
il sepolcro tuo fingono di portarlo
all’attenzione d’un Dio immaginario,
senza saper di te un’acca, un capello.

E adesso dormi, dormi e oggi come allora
sorrido io a te, con quel mio sguardo
che un po’ t’inteneriva perché di bambino
che dei serpenti ha capito la metà d’un cazzo,
e delle donne ancor meno.

E adesso dormi,
ma non è questo un saluto per dimenticare
e ogni ricordo di te seppellire;
non è questo il mio ultimo saluto, dolce Lupa!

LA PROMESSA

Ho infranto la promessa,
sono tornato a scrivere poesia
Dicevi: “Sei vicino a Dio,
non puoi smettere di scrivere
e, dall’oggi al domani,
chiamarti fuori”
Dicevi: “Hai un dono,
non puoi buttarlo via”
E anche oggi
non mi faccio problemi
a confessarti
che non l’ho mica capita
questa cosa d’esser poeta,
sono però tornato in pista
E sempre più negra e severa,
a ogni minuto che cestino
dentro all’infinito hawkingiano,
si fa la notte sovra la mia testa

Da tempo la Donna Cattiva,
che io e te conoscemmo
in un giorno che ci sembrò di luce,
non ha più voce in capitolo
sulle cose che scrivo; immagino
non abbia perso il vizio
di spacciare le sue mezze verità
per delle virtù cardinali; immagino
non abbia ancor compreso
che il diavolo fa le pentole
ma non… eccetera eccetera

Con un fil di voce,
senza celare la mia colpevolezza,
a capo basso, ti dico:
“Sono solo un piccolo poeta,
che ha ancora molto da imparare
dai tanti segni bastardi e no
che le nuvole schizzano in cielo”
E, infine, ti spiego: “Oggi come allora
rifiuto il titolo, non ci tengo
a gravarmi il capo e la coscienza
con quell’alloro che a cuor leggero
un po’ troppi, da sempre, accettano”

DUE INDIANI

Se ci sarà un’altra vita
voglio rinascere a te accanto
perché noi sempre insieme,
non dico d’amore e d’accordo
a ogni occasione, ma di certo
senza un sol giorno di noia

Se troppo il sole alla testa,
allora per noi la danza della pioggia;
se troppo fredda la notte di stelle,
sotto la stessa tenda a riscaldarci,
raccontandoci di Grande Spirito
che ci unì al di là del Bene e del Male

E sarà sempre amore saper guardare
le nostre esistenze, così uniche
nella loro lucente diversità

OCCHI DI LUPA

Occhi di Lupa,
mostriamo le colpe
fra stanchi sorrisi e pallide labbra

Occhi di Lupa,
le scommesse in un’Avemaria morte,
e si sta ancora qui a bere dei rimpianti l’inflazione:
intorno a noi non più ragazzi, solo uomini stanchi
con la loro propria croce da portare,
con debiti insolubili

Occhi di Lupa,
navigano fantasie lontane, annegano bestemmie:
sappiamo ormai che l’oggi uguale al domani

Occhi di Lupa,
oggi si muore,
domani sol più il ricordo di chi fu

Occhi di Lupa,
non so chi sia tu sulla mia strada,
questa infinita strada di fuochi e di voglie,
ma l’orgoglio si sposa alla noia,
alla solita noia, quella solita d’un liquore
E una citazione per dimenticare l’identità,
e una poesia per governare nostra povertà

Occhi di Lupa,
seducenti gli occhi specchiano Luna;
l’incarnato sì simile al bianco giglio tieni,
e le labbra due rossi, delicati, petali di rosa
Tutto però muore dal tuo viso al mio
Resiste un triste ubriaco riso d’infelicità, perso
…perso in cimitero novembrino di memorie

E tu, tu che t’immaginavi Piazza di Spagna!
E tu, tu dicesti: “Amami in una lacrima
e nell’amaro suo lucore!”

E un’ombra fugge da te in te, da te in te,
E poi si perde, per sempre, in un nessun dove

Occhi, occhi di Lupa,
al niente sei tornata
Tu, fiore ormai spento,
al niente sei tornata
Ma di te mai si spegnerà in me il ricordo
Di te, di te mai si spegnerà in me il ricordo

NON LE TOMBE

Non le tombe
con le lor lunghe ombre
dell’uomo e del suo nome
segneran la Fine.

Come l’aquila che in alto vola
nel cielo segnando volteggi alari;
come il lupo che alla pallida Luna
ostenta fiero occhi e denti affilati;
come Lucifero alla Beltà ribelle
ché pietra dopo pietra tirata su
da un Dio vecchio e crudele;
come il saggio che nel tempio
il suo Namasté presenta
e riconosce di Buddha il sorriso;
così noi che memoria serbiamo
di chi, per amore e per nobiltà d’animo,
al nostro fianco è stato, mai stanco,
felicità errori e orrori dividendo.

ODOR DI LUPA

Quando mi venisti accanto
addosso avevi l’odore della Lupa,
ma più forte era il profumo
di quei mille vergini fiori
intrecciati sul tuo bianco petto
E negli occhi l’azzurro del cielo

LUPA

Un morso su me,
un morso su te
Sì, mordimi, di baci
fino a farmi male
Fino a farmi amore
Mordimi a sangue,
teneramente
E scoprimi gli occhi
o chiudili per sempre
dentro ai tuoi di luce
Lasciami cantare
che primavera sarà ancora
per quella piccola lacrima
che sul volto scivola piano
E non lasciarmi andar via
perché potrei morir d’amore
anche se niente o poco so
della tua vita alla mia legata
in complicità, a volte distante
simile a quella di luna e sole

Mordimi di baci
fino a invadermi anima,
cuore e ogni dolore
Amami così, come uomo
Come lupo solitario
che oggi c’è
e domani non si sa
Amami così, Lupa
E cercherò di capire
la ragione che ti spinge
a cercare me
E cercherò di capire
perché sempre siamo
sulle nostre orme

STREGA AD HALLOWEEN

Stregaccia, a breve sarà festa,
la tua festa, quella che aspetti
anno dopo anno senza mai
cancellar dalla faccia una ruga

Stregaccia, quanti dispetti,
quanti ne farai ai pargoletti,
davvero io dir non so;
però già per loro tremo
e torno spaventato bambino

AFFONDARE NEL LUPO E IN BUDDHA

non sono quello che si dice…
che si dice un tipo raccomandabile
ci sono troppe cose che non capisco
a questo mondo
ci sono troppi giri di parole
che accendono la miccia per niente
gesù ha camminato sulle acque a piedi nudi
san francesco viveva la povertà in cerca di santità
io cerco solo un atto rivoluzionario
che mi faccia sentire bene con me stesso
io cerco solo di imitare il sorriso di un buddha
con la povertà del mio spirito

affondo nella piscina
cerco il pesce rosso più piccolo e tenero
cerco di guardarmi le spalle stando attento al lupo
come mi hanno insegnato
tendo l’orecchio, guardo al nirvana
prego in silenzio a mani giunte
quando sono certo che nessuno può vedere
– nessuno potrebbe capire perché lo faccio –
mi guardo bene dal dire fare baciare
aspetto una pioggia di petali di pesco
cerco nella piscina, vado a fondo e riemergo alla vita
tento solo di imitare la santità di un buddha
tento solo un atto rivoluzionario
che mi faccia sentire bene con me stesso

non faccio niente di importante
con la povertà del mio spirito
accarezzo il pelo nero del lupo
ascolto il suo ringhio, ascolto il mondo
che mi vive d’attorno
quello che mi hanno insegnato non è del tutto giusto
mi guardo le spalle sì, sto attento
ma accarezzo il lupo prima, ascolto l’animale
che c’è in ogni uomo
ascolto la vita che merita qualche cosa di più
di un tradimento a muso duro

ROSSO DOLORE

All’inverno resistono
Crescono
Di rosso si vestono
petalo dopo petalo
La morte sfidano

Là dove il nulla s’immagina
tenga suo quieto impero
è invece tutto un rossore
un poco appena screziato
di bianco
Sotto
il candore della neve,
dal gelo,
dalla frusta del vento
prese d’assalto,
piano i petali piegano
in commozione sul gambo,
sulle spine imperlate
Sul virgineo manto bianco

Dalla mano,
che gentile le avvicina,
si lasciano raccogliere
per calmare un dolore
profondo,
nell’anima a lungo
tenuto segreto;
e però pria che dal gambo
per sempre recise,
una lacrima di caldo sangue
le rose, le rose lo bevono
perché siano per sempre
nel ricordo
di chi le ha strappate
più rosse del rosso
Della vita

IN PUNTA DI PIEDI

Quando ti dissi che avresti dovuto
sopportarmi ubriaco e barbuto,
sporco e orso, imbronciato e capriccioso,
non stavo scherzando
Te ne sarai ben resa conto
adesso che mi vedi qui col solito vestito addosso,
sotto il tuo pergolato a elemosinare un goccio di rum
che addormenti le mie orecchie e il poco cervello
che bene o male nella testa nel suo spazio ci sta

Quando ti assicurai
che non ti saresti liberata delle mie noie,
delle mie piccole gioie urlate e subito gettate a mare,
non ti stavo prendendo per i fondelli;
sono ancora quel bambino con la fionda
pronto a tutto purché sia un’avventura di pirati,
di principesse da salvare, di streghe e di diavoli
che non ne vogliono che sapere di scomparire
sotto l’impeto del mio fraseggio confuso
Ho mille anime morte di scorta
Gogol’ che dà alle fiamme il suo capolavoro
mi fa paura e mi affascina, perciò non credere
di potermi comprare o vendere; mi puoi però adulare
dicendomi dandy, non senza avermi prima offerto
un altro giro di pazzia, un brandy e un altro ancora

Quando venni da te in punta di piedi per non svegliarti,
mi riconoscesti subito: non son di certo un fringuello
che se passa hai già il rimpianto che ti rode il cuore
di non averlo veduto; ti sono rovinato addosso alle rose,
un baccano del diavolo, mille spine a salassarmi
e tu a scoparmi in testa con la tua grossa ramazza
Dio mio, un male cane così, te lo assicuro
non l’ho sentito mai! La tua scopa, brutta Strega,
fa un male cane, un male cane, ma senza non so
a chi altri potrei mai rompere l’anima…

CHE PAURA FA

Dicono sia una strega
Gran paura fa
a nonni e bambini,
a bardi e contadini

Cavalca una scopa,
e il ciel bello ingombra
con la sua nera gonna
Dicono sia una strega

Piacere sol le fa
mandare al diavolo
questo e quello là
Gran paura, gran paura fa

Niente le sta bene mai
Azzanna alla gambe
quelle che ce l’han lunghe
e pure quelle al di sotto
della media; conforta tutte
con un male cane

Che strega, che strega
A ogni compleanno
si fa nera sempre di più
Gran paura, gran paura fa
Non c’è scampo,
prima poi tutti manda all’Aldilà



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