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Il sorriso si fa di denti mangiati ma tu invitami a un tè nel deserto

Il sorriso si fa di denti mangiati,

ma tu invitami a un tè nel deserto

ANTOLOGIA VOL. 68

Iannozzi Giuseppe

VEDI DI FARTI BELLA

Vedi di farti bella, spogliati
Non ho tempo per i “ti amo”,
per tutte quelle sciocchezze
di carezze, fazzoletti e pianti
Stasera ho bisogno d’una donna
che resti a me accanto, con il corpo
e con la mente, in silenzio

Stasera non ho tempo da perdere:
ho raccolto già troppe lacrime
per arrivare sin qui da dov’ero,
merito qualcosa di più del tuo broncio
Vedi di farti bella, mettiti a nudo
Mostrami la santità del tuo corpo
E fra le lacrime amami crudelmente
ma sempre in silenzio – ti sto baciando
dove nemmeno tu sai dove

Lascia quella pistola nel cinturone
E’ pesante, non è adatta a una Signora
Piuttosto fatti bella, mostrati
nella tua interezza, di petto e di schiena
Da dove vengo non c’erano donne
Non ho molto tempo
e questa notte vorrei viverla
fino a morirne – fino a seppellire
tutto il buio che c’è in me
in una tomba dove possa riposare in pace

Vedi di farti bella
Vedi di farti fare senza tante storie
Non hai motivo di piangere
Così è la vita, dovresti saperlo oramai

Così vedi di portar qui il tuo culetto
Ne ho bisogno stasera per riposare
Vedi di portare qui la tua nuda bellezza
Non ho tempo per i “ti amo”,
per tutte quelle sciocchezze
di carezze, fazzoletti e pianti

CHIACCHIERE ALLE SPALLE

Non ti lasciar illudere
dai commenti
che la gente lascia
appesi ai muri dei manicomi
Non sei il cuor d’oro
che dici a tutti d’essere
Vai ancora in giro
in punta di piedi
a decapitare le bambole
di tutte quelle bambine
che, per un motivo o no,
ti stanno sullo stomaco

Non sei quella bella persona
che dici di essere, e lo sai
Sei così in te,
così tanto in te
da non averla ancora persa
quella voglia tutta matta
di sputar in un occhio
al primo arrivato
e all’ultimo condannato,
che ha visto tutti,
tutti i suoi compagni cadere
Sei la solita che abbraccia Giuda
Sei ancora l’unica, proprio la sola
di cui io mi possa fidare

La gente non è buona,
è cannibale,
farebbe di tutto per portarti
ad abbracciare
un’idea di fratellanza in voga
E tu lo sai, tu lo sai bene

Continua a decapitare bambole
E io ti amerò per sempre (per sempre),
senza mai confessartelo con un fiore
o una stupida poesia da coccodrillo

LOLITE

Le lolite non mi piacciono
Mi fanno pensare al cielo
Mi portano a suonare blues
Le lolite non mi piacciono
Mi ricordano che sono vecchio
e che il mio occhio cade
nelle scollature delle femmine
con sempre più facilità

Non amo le lolite,
amo le donne bell’e fatte
e che nel cuore sono bambine

STAMPELLE LE SPERANZE

Oramai avevo persa la speranza
che tornassi
M’ero arreso a stare in piedi da solo
con una gamba sola
Non avevo più lacrime né voce
Mi sentivo un perfetto straniero
davanti allo specchio,
scavandomi gli occhi
per veder meglio le fiamme dell’inferno

Oramai m’ero arreso a camminare
con una gamba sola,
a non portare stampelle né a cercare
l’aiuto d’anima viva in strada
ai semafori fra il traffico e la gente
Oramai avevo persa la speranza
Non gridavo neanche più
contro la guerra
o al mio vicino di casa preso
in un altro party di balli di tango

Era così tanto, così tanto
che mancavi alla mia rabbia,
alla mia gioia; mancavi così
così tanto al mio petto stanco

Ora resta con me
Non ti chiedo di tracciare i miei passi
Solo ti invito a restarmi accanto,
a deporre per un attimo soltanto
la tua guancia in lacrime
sul mio petto pulsante
E in piedi saprò restarti accanto

ESSERE PENSIERO

Posso far parte dei tuoi pensieri?
Posso essere il pensiero
che al mattino ti sveglia e ti accarezza
come fossi un petalo d’un fiore raro?
Posso esser così,
semplicemente una carezza
che seduce
e di cui non puoi fare a meno?

Amica mia, sei leggera
come le foglie della vita
che dai rami si staccano
e lasciano nudo il tronco
all’esposizione dell’autunno

Ti accontenti di così poco
Ma sei vera, vera più d’un attimo,
più del disegno leggero della sensualità
Così sol ti chiedo, posso esser il tuo pensiero,
quello che amerai pensare da mane a sera?

L’UOMO DEI SOGNI

Se ce l’avessi una bella voce,
ti canterei una serenata
che ti faccia innamorare
Se ce l’avessi la faccia tosta,
ti direi che sei molto carina
e ti offrirei poi il braccio
per andare insieme a passeggio
Se ce l’avessi un po’ di coraggio,
ti bacerei sugli occhi e basta,
senza chiederti il permesso
e senza mettermi in ginocchio
per il solito secco no
Se fossi l’uomo dei tuoi sogni,
mi sogneresti ogni giorno
né bello né impossibile,
soltanto normale

Ma sono solo uno
fra i tuoi tanti spasimanti
E la mia speranza d’averti
è una sola, quella di sognarti

LA PACE

Non serve appendere la bandiera
Non serve sventolare la pace
a mo’ di sudario
per il bronzeo suono delle campane
Non serve gridarla la pace
se non c’è,
se non è
Non il vento,
non il vento la seminerà
fra quegli uomini comandati
a un macello senza cervello

Non serve una pace svolazzante
condannata
a farsi croce di cristiana pena
su mille e più balconi
d’un sole occidentale
che solo sa portare il male

Non serve il pentimento
se pace non è libertà di vivere,
di morire nel proprio letto
quando sarà giunto
il giusto naturale momento

Così oggi solo si muore
per mano di quelli
che dovrebbero esser fratelli

SORRISO DI DENTI MANGIATI

Per te no so fare
mai abbastanza
Indarno cerco
di riempir l’assenza
che sono con suoni
di primavera, di cera
che addosso alle candele scola
quando pesante s’infiamma la sera

Ma con l’autunno,
con il vento che pressa
e foglie raccoglie,
il sorriso si fa di denti mangiati,
di gengive attaccate alla tromba
– ferite che nemmeno tu,
vergine agnello, puoi curare

Quanti angeli a bussare
alla mia porta da sempre aperta
Con l’autunno, con il vento
che incessante soffia e soffia,
capisco soltanto che amo te,
la sola che non posso far prigione
della mia stanca insoddisfazione

RIDENDO ALLE MIE SPALLE

Sei tu in giro per il mondo
scherzando di fate e frati,
ridendo alle mie spalle
con le tue amiche, belle
di sorrisi, gioie e veleni

Da solo m’hai lasciato
a pedalare sotto il sole
E a ogni metro muoio
A ogni passo perdo me
come non mi fossi mai
conosciuto

Tra i giorni del calendario
m’hai lasciato
a raccogliere polvere
– echi di dolore
che non puoi adesso sentire,
e per cui giusto ieri
amavi rimproverarmi
quasi la tenerezza mia
fosse mortale malattia

Incontri adesso paesi e case,
pergolati e rossi tetti,
genti diverse e osterie
Invece io muoio ogni dì
Neanche più guardo al cielo,
lo sguardo sul mondo
tengo basso,
poi in silenzio dispero
e piango, piango infelicità
per un’altra inutile poesia

– che così simile è
alla povera vita mia,
al lumicino oramai

Quando in fronte mi baciasti
un fratello baciasti, non l’amante;
così facile ti fu abbandonarmi
al destino, ai passi miei scalzi
su cocci di vetro
Quando nel silenzio della notte
mi promettesti l’addio
l’avvertii io il cuor tuo perdere
un colpo, uno soltanto
e tacqui ché mi rimanesse almeno
l’immagine di te che fuggivi
in punta di piedi nel cavo buio
per andar incontro
a una felicità più solida di quella
che avrei mai potuto darti io

In questi giorni eterni
che senza senso passano lenti,
m’hai lasciato

Mai e poi mai potrò perdonarti
d’esserti portata lontana da me
Mai potrò restituirti un bacio
anche se con ardore lo desiderassi
Quando tornerai, se tornerai,
morto sarò di certo per me, per te

AMEN

In solitudine da mane a sera
scriveva lunghe lunghe poesie
per meglio morire
tra quei versi da lui stesso
dimenticati in un per sempre

e tutto il rancore abbandonare
nella tomba carnale di sé mortale

DONNE E GATTI

Amano le donne i gatti randagi
che miagolano che graffiano
che fanno male prima dell’amore

Graffiando con il cuore
amano odiano le donne
l’amore addormentato l’amaro rimasto
nel letto disfatto distratto di carezze
quasi sempre bagnato di lacrime e sudore

Con graffi boia sulla schiena
amano le donne svegliare
chi di brutto se la dorme
perché nel bene nel male
a torto o a ragione ci si ricordi
di loro del loro amore sprecato
dato via al primo che…
che più forte di tutti gli altri
ha miagolato eccetera eccetera

DI CIELO E DI MARE

Se la senti la voce mia
che si spenge,
che si spande al di là di tutto il blu
del cielo e del mare
ma non sai come sia possibile…
Se la senti l’anima mia
che per te sola arrossisce
con le ultime luci a plorare
sulla linea del tramonto
là dove già infinito orizzonte
insegue l’alba del novo dì di sole
che non vedrò,
allora forse un poco m’ami

Di me ricorderai il carattere allegro,
la passione che non si spengeva mai
e quella rosa che appuntai sul tuo petto
con tutta la timidezza e la paura
che soltanto un uomo solo sa
Perché sì, amor che amor sei,
t’ho amata più d’ogni altra fragilità,
tu mia sola forza d’andar avanti
nonostante la fine prossima disegnata
nello specchio degli occhi tuoi piangenti

TU NON TORNI

Tu no, no, tu non torni
Resti lontana lontana
in altri lidi a godere
di quel calore
che io non ti posso offrire
sol perché vuote
ho le tasche
Ma anche il mio cuore batte
minuto dopo minuto
sulle lancette
perdendo un colpo sempre,
soffocando un lamento
nella strozza,
soffocando
profondo sentimento
che per te nutro
nonostante la povertà
che l’alma m’assilla
Tutto il poco che ho
al tuo cuore lo dono
Eppur mai è abbastanza
Così so
che mai più tornerai
a baciar lo scoglio
delle mie labbra esangui,
pallide più della morte
– oramai ultima preghiera
che spero presto dio
voglia esaudire,
sola grazia che mi resta
per magra decenza

SILENZI URLANTI

Mi lasci un po’ del tuo mare
in una risata che sa di risacca,
ma non il tuo amore
o un battito infinito
del tuo piccolo grande cuore,
e nemmeno la tua piccola bocca
Ed è questa la pena grave
che mi tocca di sopportare
già dalle prime luci,
con l’alba accosta alla finestra
che disegna ombre di malinconie,
di malinconie
mal riposte nelle tombe urlanti,
urlanti infiniti silenzi
d’amor perduto

SOTTO AL TUO BALCONE

Non ci sono più quei filari di viti
che nella notte amavo attraversare
per arrivare sotto al tuo balcone

Non c’è più tutta quell’ellera
che correva sulle ruvide pareti
di casa tua dal buio tutta ghermita

Non c’è più niente dell’amore
che ricordo per non cadere

Non c’è più quella tremula candela
dalla fiamma rossa che accendevi
per portarmi da te, sul tuo petto,
nel cuore d’una notte nera nera

Sol più rimane il mio ricordo
che ad altri amori non vuol cedere

NE SEI CERTA?

Fuggire e sopravvivere
Nei sei certa?
Non lo credo
Fuggi una volta e fuggi sempre,
per sempre
Credi davvero che abbia senso
guardare di qua e poi di là
con l’occhio fatto di paura,
di panico in bilico su pensieri
costruiti su uguali gemelli…?

Eppur un tempo m’amavi
d’un amore vero che non taceva
Ora invece accendi la sigaretta
e spegni l’anima nel portacenere
come un ospite sgradito,
come un maiale ingrassato
che ha tutto mangiato,
le gioie le croci la coscienza

Crollano certezze su certezze,
ma prima del tuo piccolo mondo
senza speranza son franati imperi su imperi,
e mille porte e imprendibili baluardi
Ma colombe bianche tengono alto il volo
e distendono le ali
per quei mille uomini al muro
fucilati per un sorriso appena di libertà
che non s’è piegato mai
nemmeno alla morte,
nemmeno alla morte

[SENZA TITOLO]

E nel cielo – quando l’Inverno – si fa
un gioco di neve: ancora vergine
piano tocca la terra sol per sciogliersi
e diventare acqua e raccogliersi poi
nei tombini del mondo. Impallidiscono
le labbra d’una signorina e un poco tremano,
mentre sul volto di lei s’ingravida
di soffocato dolore una tiepida lagrima.
Era tutto l’amore di Biancaneve,
inconfessato suo peccato
da mordere su labbra saporite
della fragranza d’una rossa mela.

GIORNO DOPO GIORNO

Si formano gli animi,
giorno dopo giorno,
in un germoglio d’un falso
d’autore.
Insaziabili restiamo
come l’ignoranza
che più ce n’è
e più ne vogliamo,
resistendo sotto ai raggi del sole,
camuffati in mezzo all’erba,
ma con allargati sorrisi
che tosto s’infuocano in pioggia
di baci.

NERO LAGER

morso dopo morso il pane nero al perdente
sorso dopo sorso l’acqua nera al fetente

mi turo gli orecchi e più non sento
e più non sento il vuoto masticare, il bere
ma gli occhi affamati svegli vigili: capire perché
perché tanti uomini in fila senza dio, e una pallottola
nel cavo della bocca cacciata a forza… a forza
di forse domani sarà un giorno migliore

l’incubo ricorrente, bruciano le fabbriche corpi su corpi
si consuma nelle fabbriche giorno dopo giorno la realtà
morso dopo morso, sorso dopo sorso, poi il niente

qui solo l’orrore, e mai un colore diverso dal nero
delle camice fasciste e dalle loro dispense
mentre noi un colore non ce l’abbiamo per loro

solo il nero quando la vita negli occhi si spenge
e resta un perché irrisolto bruciato dato al vento
di cenere, resta un altro fratello a non vivere
in questo nero nero lager

LUTTO

Non lo so perché amo te
e non un’altra
Ma tu, sempre,
hai pronunciato il mio nome
come un vieto lutto
Io, invece,
sempre in bocca il tuo
come un carnoso frutto

NUVOLE DI TEMPESTA

no, perché? o sai forse che
si stanca la fatica e il passo lungo più della gamba
quando credi, quando il mondo nella mano

sì, si agitano i coriandoli all’aria affidati
mutano poi in nuvole di tempesta
e tutte le parole prendono il volo
e i sogni pure quando il tempo fuggito
dalla mano,
ma fra le gambe incastrato bastone

INCONTRAI IL D’ANNUNZIO

Una volta incontrai il D’Annunzio: aveva un occhio malandato e pure una febbre strana che lo infuocava tutto durante le notti che il sonno si faceva duro a venire. Blaterava di Vergini e di Rocce. Chissà perché mai stetti ad ascoltarlo! Periodo oscuro che per fortuna ho attraversato e superato: ma fu malattia. E la cura dentro a una Pagina Corsara, poi la morte dentro a una notte cupa che m’è oscura più di mille nevrotiche parole. E il risveglio in una Stagione all’Inferno.

LA SINCERITÀ DI LAWRENCE D’ARABIA
(da “Fiore di Passione”)

I.

Invitami a un tè nel deserto,
e lasciami da solo fra le dune d’oro
a conversare insieme a Lawrence d’Arabia,
al suo fantasma, alle vestigia di Damasco.

Invitami a meditare poesia selvaggia
fra il vuoto d’attorno e l’inferno edace,
e sarò domani un uomo migliore
armato di spada, di cicatrici scolpite.

Si aprono le Porte della Percezione,
fioriscono gl’ideali torturati da bambino,
e ogni patita sofferenza più non riconosce
il nord e il sud quando la notte fredda e oscura
il corpo mio abbraccia
tentandomi a un abbandono senza fine.

Prepara la tavola con del buon vino rosso,
mettiti comoda con su il vestito tuo più bello
e aspettami a lume di candela;
in lacrime ascolta la lingua beduina del silenzio
e aspettami sfidando della luna il volto metallo:
quando sarò di nuovo insieme a te
in dono ti porterò la mia lingua arsa
e un mare di poesie selvagge e affilate
come la tua sincerità, come la tua sincerità…

II.

Vederti o non vederti tutta nuda:
questo il dilemma che a ogni ora
tormenta l’uomo che sono, Bella mia.

Lo sa Dio che il pane si spezza,
che tutto d’un sorso si beve il vino,
e però né l’uno né l’altro bastano
quando nelle vene la Passione brucia.

Che aspetti allora a mostrar le Grazie
a chi t’ama? A piedi nudi sulle braci
il cammino tento senza evitare tentazioni
e altre più spinose madornali imitazioni;
d’un santo non ho la tempra, sol l’amante
si porta avanti e a ogni illusione sospira
immaginando Sette Notti, Sette Peccati
fra virginali lenzuola

di muliebre sudore profumate.

Amarti o non amarti tutta nuda,
sì tanto soffocante il delirio mio,
sempre pregando
fra un’ubriacatura e un’ubriacatura,
e sempre quella del giorno dopo
la più caparbia.

III.

Le armi e il sorriso depongo;
la bottiglia amica
a un giro di solitudine m’invita,
e bevo, a lungo bevo
dimenticando
la falce della gelosia,
il tuo corpo di Venere nuda.

E di nuovo cado
al centro d’una doccia fredda:
l’abbiamo poi sempre saputo
che risalgono il fiume i salmoni
per amare e subito morire.

IV.

Scelgo la via:
qui deposto
il coraggio lo lascio
perché sia domani,
o quando non si sa,
per altri amanti
casa o rifugio.

Lascio il teatro,
lascio i baci sognati
e lascio questa via
per andar via,
lontano
sulla linea dell’alba
e su quella del tramonto.

Quanto amore,
quanto amore
giorno dopo giorno,
con forza e disperazione,
per sempre disperso;
e di già l’eco del gong
frange contro l’orecchio
e s’invola l’anima in quiete
al di là delle vanità,
delle presunte verità
dalla bocca tua masticate.

Scelgo la libertà
di darmi alla preghiera
sugli alti monti lassù
dove nuvole e pioggia
vengono in un tutt’uno.
Scelgo il tuo bene,
di pregare a lungo
a lume di candela
negli inverni senza fine.

E scelgo, ancora scelgo
di cantare stonato il nome tuo
sì caro alla mia mente
che la passione trascende.

E se una briciola di tempo
domani nel piatto tuo vuoto,
dolce Amica mia, prega
e insieme a me ripeti l’OM,
o per me prega i tuoi dèi
perché facile mi sia
il ritorno da te.



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