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ANTOLOGIA VOL. 3

ANTOLOGIA VOL. 3

Iannozzi Giuseppe

PIANGO L’AMORE IN VANO

Piango, adesso piango
Tengo la forfora
e nemmeno una donna
Tengo una pistola
e nemmeno un proiettile
Ho in mano tutto il superfluo
e ho meno d’un pugno di mosche

Piango, piango i capelli perduti,
le donne andate, andate con altri,
quelle sognate e mai avute
e pure quelle che ci son state
solo per il piacere di farmi le corna

Piango, piango la forfora
che m’imbianca il collo della giacca
Piango, piango a ogni figuraccia
Ma pare non faccia pena a nessuno

Piango sotto la pioggia
Piango sotto la neve
Piango con il sole e con la luna
Piango a ogni ora, a ogni stagione
Per me non c’è mai nessuna
pronta a consolarmi,
mai un bacio o uno schiaffo
Per questo piango,
piango e piango senza vergogna
e mi dico che non sono un uomo

Piango, piango piano
Piango, piango forte
Non un cane raccoglie l’osso
che gli butto
Meno d’un povero diavolo
tento la fortuna a un crocicchio
fischiettando Love in Vain

Piango, piango, piango
Piango il tanto tempo andato
e il calcio in culo ricevuto giusto ieri
Piango, piango le canzoni perdute
Piango, piango per me
senz’arte né parte
Piango con la coda fra le gambe,
il morso in bocca, il talento che non ho
Ma l’inchino ai potenti no

LE DONNE FANNO FINTA DI PERDERE

Faccio un brindisi, sputo sorrisi
Le donne eleganti fanno finta
di perdere la verginità
E io c’ho una voglia matta di scoreggiare
E invece mi viene fuori soltanto un rutto
Sì, per adesso, poi dopo vediamo!

Certo che sì, se mi guardi bene
sono proprio il brutto il cattivo
e la puttana che si struscia
Mi struscio sì, ma per cosa poi
se tutte le belle mi stanno sui coglioni
con quelle loro arie radicali

Dovrei gridare che è un’impostura,
un dramma finito a tarallucci e vino
E invece me ne sto zitto
e ascolto quelli che hanno occhi come fanali:
dicono tanto, con bocche piene di salatini
A sentirli così
parrebbe che abbiano trovato il modo
di difendere per l’eternità la fortezza Bastiani
Ma in giardino i cani alla catena abbaiano
e mordono l’aria fino a farla sanguinare
Dovrei gridare in questo deserto
Ma c’è così tanta gente che fa finta d’esser qui!

Una mi sfiora il fianco, mi sussurra che ha caldo
La porto fuori sul balcone a guardare le stelle
(E’ un bel bocconcino, penso fra me e me)
E mi prende di darla ai latrati di quegli affamati
Non se ne accorgerebbe nessuno
E’ una di quelle coi tacchi alti
e qui stasera ce li hanno tutte e brindano felici

Quel gran genio
che è stato ieri sera in televisione spiega:
“La riproduzione è un istinto animale…”
E allora non ci penso più e la butto giù
Due, forse tre, grida, poi più niente
Un grassone mi si fa dappresso serio o forse no:
“Mondo cane! Tutto bene?”
Abbozzo un sorriso in un sì: “Si mordono la coda”
E’ proprio una notte di quelle un po’ così e così, noiosa
Tante stelle in cielo, desideri lo illuminano
e poi lo spengono in un momento
Ma quello decanta le virtù dell’umanità
Le donne ridono, fanno finta
di perdere la verginità
E a me scappa d’andare a cagare

E adesso che ci penso
c’ho pure bisogno di fare la pipì
Sono proprio il brutto il cattivo
e la puttana che si struscia
Che si struscia per arrivare fino al cesso

Sì, per adesso, poi dopo vediamo!

VUOTA PREGHIERA LA POESIA!

Mai mi sono detto…
Confessa verità personali
la poesia,
mai e poi mai la realtà

Teneva viva un preghiera Gesù
e Giuda pure, forse più santa
Furono entrambi traditi
dalla stupidità d’un milione di sé
per finire fra pagine sacre
un po’ così e così – esasperanti

Non pregherò
per un serto un po’ così e così
o una corona di spine capovolte
A nessuno chiederò
dove l’anima l’ho gettata
Come vedi, come credi,
c’è che non m’interessa sapere
che infinita fine abbia fatto
E meno ancora m’interessa
se inosservata al mercato
o su una strada presa sotto:
ho la mia di stronza esistenza
ed è già abbastanza resistenza

Non pregherò
per le mie ginocchia stanche
Non darò via il sangue
seppur oggi freddo e acido
Sulla stessa bilancia
si bilanciano il torto e la ragione;
e umano, troppo umano,
in follia continuo
giorno dopo giorno,
poi solo accendo me,
un sigaro cubano,
un’altra inventata rivoluzione,
di santa ragione tirata su
come una poesia,
come una preghiera

Non voglio in eterno scrivere
per esser poi decifrato
estremo d’un’irreale eternità
Solo desidero me, e non di vivere
in eterno ché mai mi son detto
santo poeta o traditore

Quello che voglio veramente,
quello di cui non posso fare a meno:
sapermi tiranno come sempre
finché fiato nel fiato dentro ai polmoni
Finché avrà ragione di battere il cuore
in petto – uguale a umana bestemmia
dalla terra raccolta per riderla forte
in fondo alla terra, alla fine d’una guerra

VITA CONTADINA

Fra l’erba alta
immobili le lumache
al sole e all’ombra
se ne stanno
mentre un contadino
nel bicchiere versa il vino,
con mani tremanti
spezza poi il pane;
e negli occhi tiene
del prato tutte le età
E all’ora del vespro
fra le rughe
gli si distende un sorriso,
e tutto d’un fiato butta giù
il vino, e alla salute di Dio
l’ultimo bicchiere

CULETTO BELLO

Sarò sincero, quando ti vedo sculettare
lungo le strade luccicanti di Nuova York
mi viene duro

Sarò sincero con te, non amo la spiritualità
Sono un tipo più alla mano e non un coso
né carne né pesce

Sarò duro ma la sincerità e l’unico capitale
che ho; di Marx non ho mai capito una sega
e la poesia non so cosa sia

Ho imparato una cosa battendo oggi qui
domani là ed è che democratici e repubblicani
non ti possono dare il paradiso

Ho capito che quando a uno gli viene duro
per una bella fica ha trovato la sacra patria
per cui niente è mai abbastanza

Ti sembrerò dannato immorale e volgare
E’ questo che mi fa eccitare, vederti arrossire
e portarti poi via

I miei occhi però sono sempre incollati al tuo culo
perché ce l’ho duro, questo lo puoi capire
Il profumo che ti lasci dietro non si dimentica così
Il sesso che sei non si consuma così su due piedi

Non sono quel che si dice un buon partito
Le ragazze non si mettono in fila indiana
per portarmi a cuccia
Non ho protettori, un diavolo di finocchio
che mi caccia la lingua in un orecchio
spacciandosi per comunista e talent scout
Non me la faccio con nani giganti e trampolieri
che promettono di far di me una primadonna
Non sono una delle menti più brillanti del paese
e nemmeno Cenerentola
Non me la faccio con nani e protestanti,
fondamentalisti e assessori all’ultimo grido
Sono giusto una scarpa sì e l’altra no,
il vento che libero accarezza campi e valli,
il brivido che ti corre lungo la schiena
appena voltato l’angolo
Mamma ti direbbe che non sono un angelo

Mamma ha l’occhio lungo, lei sa ogni cosa,
la sa prima che cominci a farsi largo nella tua testolina
Mamma ti direbbe di non darmi spago o te ne pentirai
Mamma ti darebbe in pasto a quello che parla fine
perché il padre è sotto inchiesta ma di sicuro innocente
Ed è questo che vuoi, che vuoi sul serio?

Le amiche, fra una Barbie e una Madonna,
sicuro che ti metterebbero sull’avviso,
“Quello no, non ha cervello per gli stornelli
né per il rap… proprio uno scemo patentato”

Voglio essere sincero sino in fondo con te
Non m’interessa se pensi e che cosa
Io so solo che ti vedo e mi viene duro
C’è forse bisogno di altro per capire?

C’è forse bisogno di altro per amare?
Te lo dico chiaro e tondo, chiaro e tondo, sì
Con te vorrei andare in buca sul serio
colpo dopo colpo, fare un gran casino
fra le lenzuola, come in un filmaccio porno

Rinunceresti davvero a tutto questo
per stare con uno che non sa farti ridere?
che non scivola mai su una buccia di banana?

Sarò sincero con te, non amo i preliminari
Non sono uno né carne né pesce, un cervello
in acqua che se lo fa è per puro miracolo

Quando ti vedo sculettare, quando ti vedo
non c’è santo che tenga, mi viene duro
Mi viene duro, mi viene duro… un chiodo…
un chiodo fisso che fa un male boia

Tutto quello che voglio è fare sesso
Tutto quello che voglio è sesso duro
E’ tutto quello, tutto quello che so fare
E’ tutto quello, tutto quello che so fare

Sesso duro, sesso duro, sesso duro
E’ proprio tutto quello che ti voglio fare
E’ proprio tutto quello che ti voglio fare
E’ proprio tutto quello che ti voglio fare

ANGELI INGRATI

Non un canto disperato,
di fame d’aria,
di giorni somari a cercare dio
o l’immagine del suo contrario
Niente, niente di tutto questo
Niente che abbia senso,
Arcano Stallone

Non un momento o l’eternità,
la solitudine, il capriccio e la poesia

Sogno rumori,
i graffi dei dischi
fra i morti solchi
Deliziato dal numero!

Del quadro tollero la cornice,
della fotografia la prigione

Non un canto disperato,
ma a piè di pagina la sconfitta

E lezioni d’amore nel lontano 69
I più ricordano solo il Sessantotto

Segno e accuso graffi
Pulsano dolore le spalle
Frana la terra sotto i piedi,
e ogni cosa ha un inizio
e una fine, anche l’odio,
anche l’affetto
tanto a lungo sopportato,
uguale bilancia portata
da spalla a spalla,
Angeli ingrati

Non un canto disperato,
ma del solitario albero l’eco
che in fondo alla valle cede e cade
La Mela del Peccato addento,
la polpa fra mascella
e mandibola
senza mai temere
un pugno in un occhio,
né che il boccone
nel gargarozzo cada storto!

La lucciola aspetta
che io venga per lei
Scivola il sudore sulla pelle
sotto il pallore d’una luna puttana,
e la nebbia s’infittisce
a ogni passaggio di fanali nella notte
La lucciola aspetta
che il freddo passi
almeno per un momento,
e non finisca antologizzato

Non un canto disperato,
ma del Silenzio l’affilata lama
che il grembo della terra ferisca
dove sepolto
il contorto Feto della Vendetta
in negro abbandono giace

Non un monumento o la fragilità,
l’agiografia, il dispetto e la banalità

Non un canto
Non un canto disperato,
Arcano Stallone
a piè di pagina impennato

Ben oltre l’Alba e l’Occaso
giovani bare di sperma
aspettano soltanto d’esser riesumate
e agli occhi degli Angeli portate

PER IL TUO PERDONO

Ti offro un calice pieno
del rosso mio sangue
Ti offro da bere
l’anima che ho,
per quanto mi renda conto
che vale poco o niente
Ma tu, ti prego,
non la versare
nel vaso dei fiori
che solo ieri ti regalai,
combattuto
fra timidezza
e quella brutta stranezza
che mi fa dire cose cretine

DOVE VAI?

Dove vai?
Lontano
dove tu non sai arrivare

Dove vai?
Lontano
dove l’eco non ha casa
né passi da ripetere
a ogni secondo

Dove vai?
Lontano,
lontano oltre l’orizzonte
e il mondo conosciuto

Dove vai?
Lontano
al di là della luce e del buio
Lontano, lontano da te,
che sei stata il bene e il male,
il primo sorriso,
il sale sulla ferita
lasciata aperta

Dove vai?
Lontano
dal tuo dolore

Dove vai? Dove?
Perché più non rispondi,
perché lasci che i secondi
passino inesorabili, lenti,
cadendo
nei battiti del cuore?

Dove vai?
Hai dimenticato
le sigarette, per Dio!

GROUPIES

Le Belle che credeva io fedeli mie groupies
han fatto presto a tradirmi
con chissà chi, e in qual letto, non so.
Dovrei sentirmi tradito, incazzato nero
e in effetti così mi sento, sul serio
pugnalato e tradito, nell’intimo ferito.
Così tanto burlesco lo spirito femmineo!

Oddio, lo sapevo, la Mamma mia
per giusto tempo m’avvertì;
però proprio non immaginava io
che alla burla s’accompagnasse
del silenzio lo scherno. Così, adesso,
mio malgrado son costretto a scagliare
l’ira su ogni femmina che lo sguardo mio
dovesse per sbaglio incontrare.

Crudeli, infedeli groupies,
il tenero cuore mio avete fatto lacrimare;
ma l’offesa sì presto sopraggiunta, giuro,
per nulla al mondo resterà impunita.
Già l’ingegno mio lavora per farvi la festa,
così se ora di me temete l’immago
ne avete ben ragione:
abituato a schioccar le dita una volta
e una soltanto, furor tremendo mi prende
quando la Bella chiamata a me non viene!

Non groupies ma arpie,
arpie senz’anima né pudore,
questo siete, non negate.

Per quant’è vero Iddio, cioè Io,
dai letti disfatti una a una vi stanerò;
e una a una nel sacro mio boudoir
con infernal duro conio vi ripagherò.


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