★★★★ La nuova produzione del Teatro Stabile di Torino è “Morte di Danton”, testo scelto da Mario Martone per il debutto al Carignano del 9 febbraio. Quasi un mese di repliche a Torino per lo spettacolo che vede in scena trenta attori dalla presenza scenica prorompente: nomi e volti noti, carriere luminose, come Giuseppe Battiston, Paolo Pierobon, Iaia Forte, Alfonso Santagata è in scena, ma è anche aiuto regia.

La rivoluzione francese in una versione corale che a tratti sembra parlare dell’oggi, della difficoltà dell’uomo moderno di avere una presa sul proprio destino, sulla propria presenza attiva nella società, sull’utopia che una rivoluzione ha rappresentato e rappresenta.

Il Danton di Büchner, descritto in questo dramma storico del 1835, esattamente 41 anni dopo la sua morte, è un uomo rivoluzionario convinto, moderato e vizioso, ma agguerrito, eloquente, dal carisma imponente, dubbioso sul senso dell’esistenza, condannato alla ghigliottina dagli stessi organi politici che aveva contribuito a creare.

Complice e amico prima, rivale e nemico in seguito di Robespierre/Pierobon, votato al contrario alla virtù, alla devozione alla rivoluzione e al Terrore, il Danton/Battiston nelle tre ore e mezza di spettacolo agisce, reagisce e subisce il suo destino. Anche la Morte è protagonista dello spettacolo, evocata, corteggiata e affrontata con stile e rassegnazione dai 4 ‘dantoniani’ (Danton stesso, Desmoulins, Philippeaux e Lacroix).

Il testo, appena riedito da Einaudi, è stato scritto da un Büchner ventiquattrenne in un momento, nella sua breve vita, in cui era coinvolto in una rivolta nella Germania provinciale. “Morte di Danton” non è un testo affrontato da molti registi in questi duecento anni, ma i pochi che si sono cimentati hanno sfruttato molto bene la sfilata dei numerosi personaggi storici presentati.

E’ interessante come in questa versione venga attualizzato il dramma storico, come venga presentato a un pubblico poco avvezzo a tali rappresentazioni lunghe e ricche di nozioni: Martone, con il suo occhio registico dal taglio cinematografico con la passione per l’arte, evoca nei quadri di insieme i dipinti di Delacroix e di David, rende gli ultimi giorni del Terrore francese un denso, ma comprensibile, racconto.

Numerosi sipari ricreano gli interni e gli esterni, sono comprimari del dramma, sono suntuose porte che si aprono in camere di piacere, sono tende che nascondono segreti indicibili, sono smottamenti dell’anima create da incubi, sono sventagliate di paura che entrano dalle finestre, sono pareti di prigioni e di tribunali. I costumi, le parrucche, scarpe, armi, la ghigliottina stessa sono frutto di ottime ricostruzioni storiche, sia nella scelta dei materiali, velluti, cuoio, ferro, legno, sia nella foggia.

Una grande produzione, un grande favore di pubblico e di critica, un testo che ha la sua età, un cast che avvicina due generazioni di interpreti e che appare incredibilmente moderno. Ancora applausi per Giuseppe Battiston, Fausto Cabra, Giovanni Calcagno,  Michelangelo Dalisi, Roberto De Francesco, Francesco Di Leva, Pietro Faiella, Denis Fasolo, Gianluigi Fogacci, Iaia Forte, Paolo Graziosi, Ernesto Mahieux, Carmine Paternoster, Irene Petris, Paolo Pierobon, Mario Pirrello, Alfonso Santagata, Massimiliano Speziani, Luciana Zazzera, Roberto Zibetti, Matteo Baiardi, Vittorio Camarota, Christian Di Filippo, Claudia Gambino, Giusy Emanuela Iannone, Camilla Nigro, Gloria Restuccia, Marcello Spinetta, Beatrice Vecchione. Al Piccolo di Milano a marzo.