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La vita che ti diedi di Caterina Costantini

La Vita che ti diedi di Caterina Costantini
Fermata Spettacolo

Una scena tutta grigi, bianchi, neri e luci blu sono l’atmosfera di un testo pirandelliano che porta lo spettatore a pensare quanto a volte la morte sia non quel qualcosa dal quale fuggire ma, il compagno di una lucida follia che rende vivo chi non c’è più, in preda a un ricordo che non si arrende nel farlo vita.

Un figlio fugge dalla madre ed è assente dalla sua casa da ben sette anni, e vi ritorna in fin di vita e vi ritrova la genitrice sempre sua imperterrita amante, mai in stato di resa Nel Suo ricordo. E lì dopo due giorni muore. Uno scrittoio, una dormeuse, una cassapanca tutti rigorosamente bianchi in un ambientazione grigio lavagna, creano il contesto per la vita di due sorelle Anna e Fiorina le bravissime attrici Caterina Costantini la protagonista e Lorenza Guerrieri la coprotagonista ben attenta a che la solitudine della sorella alla scomparsa del figlio si colmi di dolcezza di fronte a un’inconsolabile irrazionale ma intellettualmente conscia follia.

No Fulvio non c’è più, ma la madre nei ricordi, nell’affetto o meglio amore, non lo fa morire gli da vita e ancora più quando a scrivere a lui, ancora ignara della sua dipartita è la sua amante. Si Anna risponderà a lei come se fosse ancora l’amore di lui a dar corpo al testo della lettera. Non svelerà il triste occorso ma attenderà l’arrivo di lei nelle pareti che accolsero lui se non addirittura nel suo letto, nella sua stanzetta ancora accesa come se lui fosse lì lì, per dormirci.

E la brava attrice carica di lirismo quale ben puo’ attingere ai canoni tragici di greca memoria, riuscirà a dar vita a colui che non c’è più, convincendo l’amante che quello che lei desidera vedere è vivo, se lo cerca dentro di lei, nel suo grembo. Quello che aspetta un figlio da colui che ella, Lucia grandemente interpretato da Maddalena Rizzi, descrive come uno che si approfitta delle donne e prende in giro gli amici, ma è lì, lo stesso innamorata, al pari della madre e dimentica di altri due figli di amori precendenti, e forse più seri, ma meno ipnotici.

Ad entrare in scena nel secondo atto, a mettere sul palco ad ausilio della memoria della protagonista, il supporto nostalgico e mnemonico degli altri tutti importanti nella vita di colui cui la mamma “la vita gli diede” è Francesca Noretti. Energia viva nell’interpretazione di Lucia Ricalzone, a sapere cosa ne è della figlia, in un gioco optical tra le due in scena di incomparabile carisma e afflato in un balenio di luci blu oltremare, nostalgia e tempesta allo stesso tempo. Qui il testo pirandelliano e la caratura attoriale di colei che della messa in scena a mò di antica tragedia, ne anche regista, toccano l’apoteosi.

Ma è di famiglia l’amore carnale di genitore verso i figli come dimostra la sorella quando accoglie la sua piccola Lidia, ovvero Vita Rosati, anch’ella come Francesca più esterne e vere persone nel dramma rappresentato e in quanto tali in rosso. Si belli i costumi di grande impatto visivo.

Al grido di colei l’amante, o Lucia “…è morto…” si svela e si fa vera la triste realtà e diventa infinitamente tragico e di gran lirismo il monologo finale. A questo punto la protagonista finalmente è conscia che quel decesso non può avere più misteri, né vita. Nemmeno la cameretta di Fulvio con il letto aperto con il lume acceso sempre pronti ad accogliere il ritorno di colui, la cui vita è stata quotidianamente inventata di giorno in giorno, forte dei ricordi e dei pensieri di Donna Anna Luna, come notato da Lidia, ha ragione di esistere. Un grande applauso chiude il sipario e un dramma davvero ben diretto e interpretato.

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