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Chiromantica ode telefonica agli abbandonati amori, storie di ossessioni e di risposte mancate

Chiromantica ode telefonica Agli Abbandonati Amori, storie di ossessioni e di risposte mancate
Fermata Spettacolo

Quella che state per leggere non è (solo) una recensione ma un invito, caloroso, spassionato ed entusiastico, ad andare al Piccolo Bellini di Napoli a vedere lo spettacolo Chiromantica ode telefonica agli abbandonati amori di e con Roberto Solofria e Sergio Del Prete.

Detto ciò, possiamo procedere con ordine, un ordine che comincia quando un mese fa scorrendo il cartellone del Teatro Bellini questo titolo lungo e contorto mi ha colpita, nella sinossi poi si leggeva: “Anime abbandonate in attesa di risposte. Anime squartate che attendono i loro amori attraverso una telefonata o fondi di bicchiere”. Ne sono rimasta folgorata e ho iniziato a fantasticare su strazianti storie d’amore che mi avrebbero fatta piangere lunghe e calde lacrime. E questa è stata la convinzione con cui ieri sono andata, armata di fazzoletti, a teatro; per fortuna le mie aspettative sono state disattese e la realtà si è rivelata di gran lunga migliore!

Il sipario si alza su un palcoscenico vuoto e buio, al centro della scena una gabbia dentro cui si dimenano due uomini a torso nudo e truccati da donna, quello che esce dalle loro bocche è un grido doloroso, un’invettiva che non le manda a dire verso la loro città, Napoli, sporca, brutta e violenta, col ventre squartato che partorisce figli degeneri destinati ad atroci sofferenze; è questa la cornice delle storie che da lì a poco saranno raccontate, una cantilena che sarà ripresa in maniera schizofrenica e ossessiva ad ogni cambio di scena, a ricordare sempre che le sofferenze individuali trovano giusta e degna collocazione solo nelle sofferenze collettive di una città antropomorfamente dolente.

Solofria e Del Prete si calano nei panni dei personaggi tragici (e perciò catartici) di Enzo Moscato, Annibale Ruccello, Francesco Silvestri e Giuseppe Patroni Griffi; panni luridi e contaminati di prostitute e travestiti, panni laceri e impregnati di lacrime di donne abbandonate e tradite.

C’è la zitella che aspetta la telefonata dello sconosciuto che la porterà via dalla solitudine, la fattucchiera che indaga con l’amica i fondi dei bicchieri cercando di scoprire i volti degli uomini che per loro ha in serbo il futuro, il travestito amante del boss della camorra che, lasciato, minaccia di confessare a tutti quel segreto.

Ogni storia ha un suo stile narrativo e un suo registro linguistico, un suo ritmo e una sua morale ed è nell’armonia di questa mescolanza che si riconosce la bravura dei due attori, nel loro muoversi tra queste vite con sicurezza e autenticità regalando al pubblico emozioni fugaci e balzi d’umore repentino, cosicché se l’attimo prima si è lì a ridere fino alle lacrime ascoltando due travestiti che parlano delle dimensioni dei loro clienti, l’attimo dopo ci si ritrova a piangere per un amore che è finito senza preavviso.

La grandezza dello spettacolo è quella di unire queste storie con un filo rosso che le attraversa restituendo allo spettatore l’idea di un’unica narrazione atta a spiegare quanto la sofferenza e il dolore della perdita mettano tutti gli uomini su uno stesso lacerante piano.

Solofria e Del Prete giocano con l’amore e la sessualità, abbattono le barriere del pudore dando voce a coloro che vivono ai margini della società perbene: travestiti e prostitute; personaggi a cui viene ridata la dignità di soffrire e amare come chiunque altro e lo fanno senza vestiti, mostrando corpi nudi e muscolosi a cui riescono a togliere la fisicità mascolina creando un surreale effetto di universalità. Quella che loro compiono è la lotta di genere più riuscita perché cancella il concetto stesso di genere: sono uomini e donne allo stesso tempo, essere umani prima di essere altro.

Questa carica emotiva, enorme, che viene data e che sembra una condizione spontanea e necessaria affonda però le basi in radici solidissime e, facendo attenzione ai dettagli, si scopre che in Chiromantica ode telefonica agli abbandonati amori nulla è lasciato al caso: la lingua che appare sboccata, irruenta, incontrollata è una costruzione ben studiata di suoni e melodie, ogni parola ha una connotazione precisa e fortissima, ricca di richiami e di giochi segreti, le musiche di Paky Di Maio e le luci fanno da co-protagonisti sulla scena e aiutano la narrazione a fluire seguendo un percorso strutturato che contribuisce tanto quanto la recitazione a trasmettere sentimenti e a raccontare la storia, gli oggetti di scena poi, così scarni ed essenziali, servono a rimandare l’immagine dell’assenza così come la scenografia che altro non è che tre pareti nere e una gabbia.

A questo punto potrei continuare con gli elogi e le appassionate descrizioni dell’opera portata in scena da Solofria e Del Prete ma servirebbe a poco, perché solo assistendo allo spettacolo si può capire la grande ossessione che l’amore è per gli uomini. Spero solo di aver fatto sorgere in voi la curiosità, se vi capiterà, di farvi questo regalo.

Chiromantica ode Telefonica Agli Abbandonati amori, storie di ossessioni e di risposte mancate
Fermata Spettacolo



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