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Torna “Dignità Autonome di Prostituzione”: Paola Sambo e Giorgia Trasselli si raccontano

Torna “Dignità Autonome di Prostituzione”: Paola Sambo e Giorgia Trasselli si raccontano
Fermata Spettacolo

Lecce si è tinta ancora una volta di rosso per aprire le porte del bordello (dell’arte!) più famoso; al teatro Paisiello è andata in scena, infatti, la decima edizione dello spettacolo “Dignità Autonome di Prostituzione“, il fenomeno del tutto singolare creato da Luciano Melchionna (con Betta Cianchini), sotto la cui bacchetta ironica ed originale i personaggi attraversano spazio e tempo in modo straordinario e stupefacente, e dove gli attori regalano “pillole di piacere” teatrale, creando un rapporto davvero meraviglioso con il pubblico. Anche stavolta si è rivelato unico nel suo genere e sempre diverso, perché sa mutare con intelligenza, dietro gli eventi storici e soggettivi.

Intervistiamo per voi Paola Sambo e Giorgia Trasselli, figure “storiche” ed imprescindibili.

Raccontami il tuo incontro con Luciano Melchionna

Giorgia: Il mio incontro con Luciano  è stato tra i più belli  e importanti incontri della mia vita, in termini artistici e umani…..stavo facendo uno spettacolo al Teatro Colosseo a Roma, nella stagione 1997/98, lì mi vide, stava preparando la messa in scena di un testo di Luca De Bei, mi chiamò, ci siamo incontrati e poi… eccoci qua.

Paola: Ci siamo incontrati al teatro La Comunità, da spettatori. In quell’ occasione Luciano mi invitò a vedere un suo spettacolo, “Nella” . Tanto mi piacque la sua  protagonista, che la segnalai a Giancarlo Sepe, allora alla ricerca di una Desdemona per il suo Otello. La cosa poi non andò a buon fine, ma Luciano apprezzò il mio interessamento e mi chiamò pochi giorni dopo proponendomi di partecipare ad un suo nuovo progetto, “Dignità Autonome di Prostituzione”, appunto. Perché gli ero piaciuta come persona, mi disse, per quel mio gesto. Aderii con entusiasmo e arrivai alla prima lettura con un pezzo composto per l’occasione , “Di parole rubate”.  A Luciano piacque  e ci creò sopra la “Russa”, personaggio con cui ho fatto i primi sette anni di “Dignità”.

Com’ è lavorare con lui? Dicono che sia molto severo ed esigente, è vero?

Giorgia: Certo che è severo ed esigente!  Lavorare con lui ti fa crescere, ti fa scontrare con i problemi, te li fa anche affrontare. Con Luciano, mi permetto ora di dire così, non si può aggirare il fosso, l’ostacolo, bisogna guardarlo in faccia e poi saltarlo. Uso questa metafora, perché lavorare con lui mi ha insegnato a non nascondermi dietro a nulla, per quanto di doloroso e faticoso ci possa essere nell’affrontare un testo o un personaggio, nel lavoro d’attore, insomma.

Paola: Esige rispetto per il proprio lavoro, per i ruoli, per le persone con cui si lavora. Questo comporta sempre grande attenzione, cuore e testa e corpo attivi, assoluta puntualità, dedizione. In Dignità, poi, ci sono ulteriori richieste, come il silenzio totale in prova, lunghe attese, tante ore passate in teatro… ma tieni conto che il cast è numerosissimo e per muovere così tanta gente c’è bisogno di regole extra ordinarie. Altrimenti sarebbe molto difficile mantenere la direzione. Severo? Sì, direi di sì… sicuramente più severo che non il suo contrario.

Raccontami qualcosa sul tuo monologo: nel tuo personaggio c’è tanta drammatica umanità, quanto lo hai arricchito col tuo vissuto?

Giorgia:  Il monologo “Un’ altra”, scritto da Luciano, è veramente molto bello, forte, potente. Ha per protagonista una donna che, in attesa di uno dei suoi tre figli a cena probabilmente, di getto parla della propria vita: dolori, sconfitte, rapporti violenti, fatica di vivere; per poi approdare ad una sana consapevolezza che, comunque, non tutto è finito, nulla va dato per scontato,  perché c’è la possibilità, dietro l’angolo, di sorridere di nuovo e pensare a se stessa con rinnovata stima e voglia di vivere.

Paola: Io ho iniziato con un pezzo proposto da me, da tre anni invece sono la “Panni Sporchi”  con il monologo  di Luciano  “Leggera leggera” che parla di sogni, libri, dedizione, delicatezza, pudore… di quanto sia facile scivolare fuori dal mondo, dai rapporti sociali e dalla propria stessa vita; e di ospedali psichiatrici, di vite di strada (che quanta vita sconosciuta si portano dentro), di morte, e ancora, dopo tutto, di sogni, di quanto sognare fa sì che sia valsa la pena di vivere…No, non te ne so parlare, mi ci perdo. Credo che l’attore attinga sempre anche al suo proprio vissuto per far nascere un personaggio, io sì, lo faccio. Per quanto riguarda  la “Panni Sporchi” ti posso dire che la prima volta che l’ho letto con Luciano ho cominciato a piangere alla seconda riga e non son più riuscita a smettere. E questo per molte prove a seguire. Credo questo testo possegga una  drammaticità così profonda, quindi archetipica e universale, che poi risuona, sia in chi lo interpreta che in chi lo ascolta.

“Dignità Autonome di Prostituzione” è uno splendido ed unico contenitore di arti varie,una sorta di circo pieno di attrazioni, che non tralascia di lanciare messaggi di sensibilizzazione sociale, potrebbe essere questa la soluzione per “riportare” la gente a teatro?

Giorgia: “Dignità Autonome di Prostituzione” è un format effettivamente fantastico nel vero senso della parola. Che ha rinnovato in modo eccelso l’andare e lo stare a teatro.

Paola: Non so dare soluzioni. Di fatto “Dignità Autonome di Prostituzione” porta un sacco  di gente a teatro. Anche tanti che a teatro, normalmente, non vanno. Da sempre. Ricordo file di due ore per entrare alla Fonderia delle Arti di Roma, dove abbiamo fatto le prime edizioni.

A proposito, siete arrivati ormai alla decima edizione, qual è il motivo del clamoroso successo di “Dignità Autonome di Prostituzione”?

Giorgia:il successo sta proprio, secondo me, nello “smontare” vecchi schemi, consuete costruzioni, l’abbattere della famosa quarta parete, il pubblico è lì, partecipa, respira, si perde, si ritrova, insieme all’attore nelle famose “stanzette”, ma anche nel grande luminoso circo che accoglie le persone all’inizio e che le saluta, una per una, alla fine.

Paola: Arriva al cuore. Giri frastornato in un luna park per poi entrare in luoghi dell’anima, dove ti viene data una “botta” in testa. Credo sia una forte esperienza emotiva.

Paola Sambo

Questo spettacolo è soprattutto un modo per restituire dignità al lavoro dell’artista, sempre più spesso costretto a svendere il suo talento, qual è la tua opinione a proposito?

Giorgia: Si è proprio così. Negli ultimi tempi abbiamo assistito ad una crescita numerica di attori, attrici, cantanti, ballerini, performers di  vario genere, spaventosa. Ma anche alla diminuzione di quella dignità, di quell’interesse vero profondo, aggiungerei anche di quel rispetto che l’arte, in genere, dovrebbe avere  e suscitare. Invece la triste attesa dell’attore attaccato al filo del telefono, le mille e mille risposte della serie “le  faremo sapere”, i compensi  sempre più  bassi, quando ci sono, o che magari arrivano dopo  mesi e mesi e la scarsa  considerazione  che  a volte  si  riscontra  nei  confronti di questo importante, meraviglioso, utilissimo lavoro, hanno  fatto sì  che perdesse appunto la dignità che, invece, “Dignità Autonome di Prostituzione” restituisce. L’ attore con professionalità, preparazione, rispetto, amore, passione e concentrazione vende, attraverso un gioco circense, teatrale e sempre  con  il coinvolgimento del pubblico complice, partecipe, emozionato, “la  propria arte”.  “Dignità  Autonome di Prostituzione” che ha vinto  premi, attraversato l’Italia e l’ Europa, che si  ripete rinnovandosi ogni volta, da dieci anni è tutto questo.

Paola: Penso che è la dignità di esseri umani, soprattutto, ad essere messa in difficoltà, oggi. Non riesco a concentrarmi sul problema dell’attore; tali e tanti problemi permeano la vita di tutti, assistiamo e ci imbattiamo di continuo in ingiustizie, offese ed orrori… vedere ed essere inerti davanti a tanto dolore offusca la mente, toglie senso all’ indignazione, avvilisce la nostra umanità. Credo che questo spettacolo faccia anche pensare a tutto ciò; come anche tu hai osservato, mettendoti davanti a tante e tali storie, ti pone la questione morale: come posso essere migliore? Ne ho avuto riscontro spesso. Forse sono andata fuori tema? (sorride)

Hai partecipato a più edizioni, ogni volta per te  è un esperienza nuova? Cosa ti resta quando si chiudono le porte della casa chiusa più famosa al mondo?

Giorgia: Quando si chiudono le porte della “casa chiusa” resta un turbinio di emozioni ogni volta. Io ho partecipato a moltissime edizioni ed è sempre così.…gioia, sorrisi, lacrime, occhi pieni di luce dei tuoi colleghi, delle persone che sono entrate nella stanza con te, danza, musica, risate,voglia di continuare e il desiderio forte di dire ” alla prossima”.

Giorgia Trasselli e Luciano Melchionna

Paola: Ogni volta ugualmente intensa e diversa sempre, perché la rende unica la persona a cui ti rivolgi durante il pezzo, il mondo che intravedi dentro i suoi occhi e quello che ti restituisce delle tue parole.  Mi resta l’esperienza di una grande condivisione, per me che sono un essere poco sociale, è qualcosa che mi rimane dentro a lungo.

Puoi dirmi qualcosa del tuo prossimo lavoro?

Giorgia:  A dicembre prossimo sarò al teatro della Cometa, qui, a Roma con ” La spallata” di Gianni Clementi e la regia di Vanessa  Gasbarri, poi da gennaio prossimo in tournée con “Parenti serpenti”, con Lello Arena e la regia di Luciano Melchionna. Quindi, arrivederci a teatro!

Paola: A novembre parto in tourné con “Il giocatore” adattamento da Dostoevskij di Vitaliano Trevisan, regia di Gabriele Russo. Abbiamo debuttato al Teatro Bellini di Napoli, che lo produce, a marzo scorso ed è andato molto bene, mi piace tanto. Con la stessa compagnia, ora con due nuove entrate, già abbiamo fatto “Arancia Meccanica” e siamo molto affiatati, lavorando assieme ritorniamo bambini. Gabriele prima di cominciare a lavorare  ci disse: “Prepariamoci a fare un gioco molto serio” e noi, che molto sul serio l’abbiamo preso, continuiamo a giocare, non abbiamo mai smesso.

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