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89th Edition, 2017: Oscar so Blank

89th Edition, 2017: Oscar so Blank
Fermata Spettacolo

“My mind went blank” potrebbe dire Warren Beatty: “La mia mente si è fatta vuota”. Il classico “vuoto di memoria” che non colpisce solo gli anziani, ma che con l’età può presentarsi più facilmente. Tuttavia Beatty è ancora un ragazzino e se l’è chiesto cosa stava leggendo. Ha esitato. Era la busta ad essere sbagliata: La la land non è il miglior film della 89esima edizione degli Academy Awards; il vincitore è Moonlight. Lo scambio è avvenuto con la busta della Migliore Attrice Protagonista: Emma Stone, beniamina del pubblico ed eterea diva sul palco.

Andiamo per ordine.

RED CARPET

Passerella per le star davanti al Dolby Theatre: l’immancabile sfoggio di abiti e accessori, splendidi e costosi, precede la cerimonia. Sul Red Carpet si raccolgono le prime dichiarazioni dei candidati.

Tra le mise femminili, la più apprezzata è vintage: Armani Privé, indossato da Emma Roberts (nipote della celeberrima Julia).

Brillano anche Emma Stone, in Givenchy oro, con frange e orecchini Tiffany (leggi l’articolo) e Nicole Kidman con un delicatissimo velo carne, ricamato in oro e argento. Ancora Armani Privé. Ottime le scelte di Naomi Harris (attrice di Moonlight) in bianco, con uno strascico asimmetrico e Jessica Biel (attrice e moglie di Justin Timberlake), in oro lungo attillato.

Il vestito peggiore lo indossa Janelle Monáe (attrice in Il diritto di contare): un misto di tagli, stoffe e stili, ostentatamente sontuoso e pretenziosamente regale. Senza che il colore scuro riesca a contenerne l’esuberanza.

Per gli uomini smoking e papillon, salvo poche eccezioni.

THE DOLBY THEATRE

Soddisfatta la moda e i convenevoli, il palco del Dolby Theatre di Los Angeles si accende per ospitare l’89esima edizione degli Oscar. L’arcoscenico sfavillante e una scena di città: le sagome di grattacieli sullo sfondo, creano un’atmosfera newyorkese, più che californiana.

JUST DANCE

Si aprono le danze: Justin Timberlake canta “Can’t stop the feeling”, motivo principale del film di animazione Trolls di Walt Dohrn e Mike Mitchell (2016), candidato per la categoria Miglior Canzone. Sul palco squarci di rosso e fucsia spezzano la monocromia in nero delle divise maschili. Coreografia semplice, ma energica e di effetto. Bravissimi i ballerini: elegantoni celebranti il lusso delle upper classes.

IL DISCORSO DI JIMMY

Posate le scarpette, arriva l’host della serata: Jimmy Kimmel, celebre conduttore di Jimmy Kimmel Live! in onda sul canale ABC e ispirato, come molti, al Letterman Show.

Il discorso di Jimmy è provocativo e ironico, giocoso e irriverente. Scherza su tutto: la sua prima volta agli Oscar, il Presidente Donald Trump, gli indici di ascolto (2 milioni di americani e 225 paesi “che ci odiano”).

Gli è stato chiesto di fare un discorso che possa unire il Paese così diviso; ma lui si rifiuta: “c’è un solo Braveheart tra noi (Mel Gibson, inquadrato in sala) e neppure lui lo farà” di unire tutti)”. Invece invita tutti quei 2 milioni di americani a tentare, ciascuno, un dialogo positivo con almeno un conoscente molesto ed esorta: “Parte da noi”.

Prova pure a dare il buon esempio, ironizzando sulla sua secolare (e finta) rivalità con Matt Damon.

Lo schernisce sul peso e sulla scelta di produrre Manchester by the sea, affidando il ruolo di protagonista a Casey Affleck, suo amico d’infanzia. Così Casey è annoverato tra i migliori attori dell’anno e Matt ha recitato in un film che è “crollato” al botteghino: The Great Wall “Smoth move, dam ass!” (Non fatemi tradurre. Il film è ancora nelle sale e le informazioni in merito sono discordanti, ★★★★★ leggi la recensione).

Un ringraziamento va al Presidente Donald Trump, grazie al quale gli Oscar, che nel 2016 erano stati accusati di razzismo, ora ospitano molti neri tra i candidati. Ci sono “neri che salvano la NASA (Il diritto di contare) e bianche che salvano il Jazz (La la land)”.

Ancora ironia: sulla giovane età di Damien Chazelle (La la land), il più giovane regista nella storia degli Academy Awards e sulla forma di Andrew Garfield (La battaglia di Hacksaw Ridge) che ha perso circa 20 chili per Silence (Martin Scorsese, 2016, nomination per Miglior Fotografia). Sulle interpretazioni di Viggo Mortensen (Capitan Fantastic di Matt Ross, 2016) e Isabelle Huppert (Elle di Paul Verhoeven, 2016): ottime, ma viste da nessuno, secondo Kimmel.

Non si trattiene su Amazon: primo servizio streaming ad essere presente agli Oscar per la produzione di Manchester by the sea, in lizza per la statuetta al Miglior Film. Si rivolge a Jeff Bezos (Jeffrey Preston Bezos è fondatore e AD di Amazon): “se vinci, puoi attendere che l’Oscar ti arrivi a casa tra i 2 e i 5 giorni lavorativi… magari spacciato da un corriere di Grubhub (è una ditta di consegne di cibo a domicilio)”. E prepara il pubblico su quanto il film sia triste: su Amazon lo vendono insieme allo Zoloft (un forte antidepressivo, molto usato negli States).

MERYL PER SEMPRE

Andando a concludere, ecco l’ultima vittima di Kimmel: la “sopravvalutata” Meryl Streep, ormai invitata di default (“non l’abbiamo vista, abbiamo scritto il suo nome per abitudine”, dice). L’attrice è alla sua 20esima nomination come Miglior Attrice e l’host invita tutto ad omaggiarla con un “assolutamente immeritato giro di applausi”. Parte la standing ovation e la Streep si alza a ringraziare tutti.

SI PARTE

Kimmel chiude con un’ulteriore provocazione a Trump: si complimenta con i candidati e li invita a pensare che dovranno salire sul palco per fare un discorso che sarà ripetuto dal Presidente degli Stati Uniti su Twitter domani.

E persino nell’introdurre la prima categoria di premiati: Miglior Attore Non Protagonista, Kimmel non si frena. Il titolo del premio, in inglese è Best Actor in a Supporting Role; lui lo sintetizza in Supporting Actor e omaggia le famiglie dei candidati: “è quello che fanno sempre i genitori degli attori: supporting actors”. Dall’attore di sostegno ai sostenitori di attori: nessuno è risparmiato.

È così che la cerimonia ha ufficialmente inizio e al premio per Miglior attore non protagonista seguono le categorie Miglior trucco e acconciature, Migliori costumi, Miglior documentario, riportate con maggior esattezza nel prossimo articolo (Statuette).

Stacco musicale: si esibisce Auli’i Cravalho (Moana/Vajana) introdotta dall’attore e wrestler Dwayne Johnson (Hobbs di Fast&Furious dal 5 al 7 e Supercharged) in “How far I’ll go”, tratta dal film Moana (Oceania nella versione italiana) e candidata a Miglior Canzone. Poi arriva la Presidentessa dell’Academy: Cheryl Boone Isaacs.

THE PRESIDENT SPEECH

Il suo discorso verte sui valori che l’Academy rivendica come suoi.

Dopo le congratulazioni a tutti i candidati, la Isaacs ricorda che gli Oscar non sono solo una competizione, ma creano una comunità che è globale e sta divenendo sempre più inclusiva con il passare del tempo e delle edizioni. Cosa che la rende molto fiera: ne sono prova i nuovi volti presenti in sala.

Ricorda che “l’arte non ha confini, non parla una sola lingua e non appartiene ad una sola fede. Il potere dell’arte trascende tutte queste cose e tutti gli artisti del mondo sono connessi da un legame profondo, che non può essere spezzato, permanente”.

Il legame è dato dai film che tutti amano e che “senza riguardo al paese di origine, parlano alla condizione umana, di valori, dolori, gioie e passione che tutti condividiamo”. Qui la magia dei film celebrati questa sera.

CANDIES ON THE WAY

E tanto è dolce il discorso della Presidentessa che Kimmel offre qualcosa di molto concreto agli ospiti, per accompagnare la visione dei film tanto amati: cerca affamati in sala e invita tutti a chiudere gli occhi. Dal soffitto piovono delle bomboniere bianche contenenti dei candies (piccoli dolcetti e caramelle).

In Italia abbiamo conosciuto il lancio dei famosi volantini “Viva Verdi!”, negli States si declina invece la massima “panem et circenses” in “movies and candies”.

Seguono altre premiazioni (sempre in Statuette), con una parentesi in omaggio a Jackie Chan, che assiste dai palchetti. Parla Vincent Vaughn, attore ne La battaglia di Hacksaw Ridge (in concorso).

Fino alla premiazione del Miglior Film Straniero, vinto da Il cliente di Asghar Farhadi, che diserta la cerimonia in segno di protesta contro la politica di Trump sulla immigrazione.

Anousheh Ansari, ingegnera, imprenditrice e astronauta iraniana (nota per aver preso parte ai documentari Visioneer: The Peter Diamandis Story di Nick Nanton, 2015, Sepideh di Berit Madsen, 2013 e Space Tourist di Christian Frei, 2009) legge il suo messaggio di ringraziamento di Asghar Farhadi. La accompagna sul palco lo scienziato Firouz Naderi.

Farhadi ringrazia tutti per l’onore di ricevere l’Oscar per la seconda volta (la prima è stata nel 2012 con Una separazione, 2011). Tutti nei suoi pensieri: l’Academy, la sua squadra di lavoro, la produzione e distribuzione (anche qui compare Amazon!) e tutti i candidati della categoria che lo vede vincitore.

Si scusa per l’assenza, ma afferma che vuol essere una manifestazione di rispetto per il proprio Paese e per tutte le 6 Nazioni che hanno subito la messa al bando dei propri cittadini dalla politica migratoria degli Stati Uniti.

“Dividere il mondo in noi e i nostri nemici genera paura” ed è “una subdola giustificazione per aggressioni e guerre. Queste parole impediscono la tutela della democrazia e dei diritti umani nei Paesi vittime di aggressione”. E termina su un concetto delicatissimo: l’empatia. Quell’empatia, dice, di cui abbiamo bisogno oggi più che mai. Grazie”.

Lo stacco musicale che segue è introdotto da Dev Patel, candidato Miglior attore non protagonista per Lion-La strada verso casa di Garth Davis (2016). Si tratta di un’altra canzone candidata come Best Original Song: “The empty chair”, tratta dal film Jim: The James Foley Story di Brian Oakes (2016), film in omaggio al giornalista prima (2012) rapito e poi (2014) ucciso dall’ISIS. Canta Sting, seduto su una sedia al centro del palco, con la chitarra in mano e un cono di luce che lo illumina dall’alto.

Seguono le premiazioni dei film di animazione e della Migliore Scenografia (sempre Statuette).

SCHERZI A PARTE CON TURISTI

Tra le gag che si alternano con frequenza alle premiazioni, c’è pure il momento alla Scherzi a parte: ignari turisti vengono introdotti a loro insaputa nella sala del Dolby Theatre.

Dopo una prima reazione di stupore dei turisti e di esaltazione delle stars, Kimmel si trasforma in Cicerone e accompagna alcuni di loro a conoscere i VIP in prima fila.

Il momento di massima intensità si raggiunge quando Denzel Washington (candidato miglior attore e regista per Fences/Barriere ★★★ leggi la recensione) sposa letteralmente due fidanzati.

Senza, ahimè, omettere la vena paternalistica: quella momentanea che l’industria culturale fa agli esclusi di un momento di visibilità condivisa con gli dei dell’Olimpo.

Segue una clip di brevi interviste a spettatori di tutto il mondo sulla bellezza, magia e importanza del cinema. Poi i Migliori Effetti Speciali e il Miglior Montaggio (su Statuette), con una Delorian sullo sfondo e Michael J. Fox, accompagnato da Seth Rogen (noto attore di commedie, ha ricoperto il ruolo di Steve Wozniak, tra i realizzatori di Apple I, in Steve Jobs di Danny Boyle, 2015), in omaggio a Ritorno al Futuro, vincitore nel 1986 per il Miglior Montaggio Sonoro.

IL RE LEONE

Un altro momento alla Kimmel coinvolge il piccolo enfant prodige Sunny Pawar, attore protagonista di Lion-La strada verso casa (film di Garth Davis, in concorso). Giocando sul nome “Lion”, Kimmel lo invita a ripetere la scena iniziale de Il Re Leone. Sunny acconsente e Kimmel lo solleva in alto, mentre il relativo brano tratto dalla colonna sonora del film commenta il gesto. Dal cielo piovono di nuovo le bomboniere bianche.

Effetto comico gourmet che introduce alla premiazione delle categoria: Miglior cortometraggio documentario e Miglior cortometraggio (Statuette).

TWEET TO TRUMP

Appena i premiati lasciano il palco, Kimmel ne approfitta per inviare Tweet al Presidente Donald Trump: “U Up?” (“Are you up?”), “Sei sveglio?”. Naturalmente senza che vi sia alcuna replica.

Così la cerimonia prosegue con il momento nerd: John Cho (Sulu negli ultimi Star Trek) e Leslie Mann (Meg in Single ma non troppo di Christian Ditter, 2016) presentano alcune delle innovazioni tecniche usate nei film cosiddetti Sci-fi (Scientific Fiction). Poi premio alla Miglior Fotografia (Statuette).

MEAN TWEETS

Il messaggio di Kimmel non rimane isolato e se ne scopre lo scopo: oltre la provocazione, c’è l’introduzione di una clip in cui alcune celebrità leggono gli insulti che spesso ricevono su Twitter. Niente di nuovo per noi italiani: i Mean Tweets (“mean” sta per “acidi, cattivi”) sono stati spesso utilizzati anche da Maurizio Crozza nelle ultime puntate del suo Crozza nel Paese delle Meraviglie.

Niente che non si possa superare con un po’ di musica. E allora: musica maestro!

Onirica e scenografica, giunge la performance di John Legend: seduto al pianoforte e circondato da coppie di ballerini che ripetono le coreografie del film La la land, esegue “Audition. (The Fools Who Dream)” e “City of stars”, entrambe candidate alla Miglior Canzone.

E introduce così le categorie Miglior Colonna Sonora e Miglior Canzone. Entrambe vinte da La la land (Statuette).

IN MEMORIAM

La perfomance onirica, richiama sogni e fantasmi: è il momento di ricordare i grandi artisti scomparsi. Jennifer Aniston () introduce il video che li elenca tutti e nomina Bill Paxton, morto il giorno prima. La clip è accompagnata dalla voce Sara Bareilles (cantante nota per il singolo “Love Song”, dall’album Little Voice, 2008) che canta Both sides now di Joni Mitchell (Grammy 1970 per album Clouds, 1969. ★★★★ Leggi l’omaggio a Joni Mitchell di Maria Pia De Vito).

COOKIES & DONUTS

Ancora screzi tra Kimmel e Matt Damon precedono la premiazione alle sceneggiature (Statuette). Poi il sogno di Homer Simpson: se prima erano candies, ora sono cookies e donuts a piovere dal cielo (biscottoni e ciambelle).

E la serata si avvia alla sua conclusione: Miglior Regista, Miglior Attore, Miglior Attrice (Statuette) e…

THE LAST AWARD: BEST (OR WORST) SURPRISE!

Il colpo di scena finale!

La categoria Miglior Film è premiata da Warren Beatty e Faye Dunaway (Bonnie & Claide di Arthur Penn, 1967).

Lui apre la busta, poi esita e sorride imbarazzato. Pare uno di quei gigioneggiamenti che molti fanno per creare un po’ di suspence prima di proclamare il vincitore; ma l’attore è così poco convinto che porge la busta alla partner. È lei a leggere il nome del vincitore: La la land.

Esulta tutto il cast, lo staff tecnico, i produttori. Salgono sul palco, mentre una voce fuori campo elenca le nomination e i riferimenti necessari del film. Il produttore Jordan Horowitz, non è neppure il primo a ringraziare, quando, appena iniziato il suo discorso, sul palco si cominciano a vedere strani movimenti ed espressioni.

Horowitz s’interrompe e annuncia: “C’è stato un errore. Il Miglior Film è Moonlight. Non è uno scherzo”. Mostra anche la cartolina giusta, con il nome del vero vincitore: è Moonlight, con sotto il nome dei produttori.

Poi passa cavallerescamente la statuetta al regista del film, Barry Jenkins e lo abbraccia. Resa sportiva, dove potrebbe partire una querela. Gli ospiti in sala sono confusi e frastornati.

Insieme al regista, salgono sul palco per ringraziare anche Tarell Alvin McCraney (autore e produttore del film) e il cast; ma la solennità del momento è perduta.

Un danno emotivo sia per chi ha ricevuto una falsa soddisfazione delle proprie aspettative, sia chi si è visto premiare dopo in modo sciatto e poco edificante.

Si tratta di un evento così inatteso e sconcertante che balza subito all’onore delle cronache e l’attenzione mediatica su di esso rimane alta per lungo tempo.

Il giorno successivo si scopre, infatti, che la gestione delle buste seguiva un procedimento preciso e segreto e che due persone erano presenti dietro le quinte per coordinare tutte le operazioni: Brian Cullinnan e Matha Ruitz, revisori dei conti per la società PWC (PricewaterhouseCoopers), che da 83 anni collabora con l’Academy.

L’incidente è stato causato da Brian: impegnato a fotografare Emma Stone dal palco, per condividere il momento su Twitter, ha omesso il doveroso controllo delle buste. A nulla è valso l’allontanamento suo e della sua collega, priva di responsabilità in merito: l’Academy interrompe la collaborazione con la PWC.

Nei giorni successivi si scopre anche un altro errore: nel video del In Memoriam è stata inserita l’immagine di una persona ancora viva. Per celebrare Janet Patterson, celebre costumista, deceduta nel 2016 e nota per il suo lavoro in Lezioni di Piano (1993) e Bright Star (2009), entrambi di Jane Campion, viene proiettata l’immagine di Jan Chapma, produttrice degli stessi film (il primo ha vinto l’Oscar nel 1994 come Miglior Film).

La tensione sale così tanto che attualmente si dice Brian Cunningham e Matha Ruitz siano sotto scorta per le minacce ricevute.

E lo scherno è tale che il motto “La la l’altro” è ormai un tormentone del Web.

D’altronde, il 2018 sarà un anno fatidico: il 90° anniversario del premio richiederà estrema precisione e concentrazione e simili colpi di scena non potrebbero essere tollerati. Dopo una simile caduta, riuscirà l’Academy a trovare in pochi mesi un partner affidabile ed efficiente, che possa organizzare un evento così impegnativo in meno di un anno?

E Jimmy Kimmel? Se la caverà come niente fosse? Abbiamo visto direttori di Sanremo con la carriera distrutta per molto meno. Qui si tratta degli Oscar e di un discredito globale.

È stato poi davvero solo un disguido “tecnico”? Una distrazione? C’è la colpa, ma non il dolo? O potrebbe trovarsi una ragione diversa?

Provando a dilettarsi con un po’ di dietrologia: è possibile che la libertà di espressione negli USA non contempli, o non contempli più, la possibilità di dileggiare il Presidente via Twitter, di fronte al mondo intero? Soprattutto se si considera il livello di tensione che esiste sul piano internazionale e la necessità per gli Stati Uniti di dare un’immagine forte, del Paese come della Presidenza.

Senza considerare che l’inimicizia tra Trump e Kimmel si è consolidata quando il presentatore ha usato il suo programma (Jimmy Kimmel Live!) per fare campagna elettorale a favore di Hillary Clinton. Qui in Italia lo avrebbero bloccato al primo tentativo per violazione della par condicio. E Trump lo avrebbe lasciato fare senza meditare alcuna ritorsione?

In effetti il messaggio Twitter che il Presidente ha postato nei giorni successivi qualcosa dice: gli Oscar 2017 sono stati noiosi e l’errore si è verificato, perché hanno dato troppa attenzione alla politica e poca al resto. Quindi è davvero da ricercare una valenza politica dell’accaduto?

Quello che è certo è il senso di vuoto che questa vicenda ha lasciato.

Anzitutto perché la premiazione di Moonlight non è stata condotta con la dovuta solennità, rovinando la magia del momento non solo ai buggerati produttori di La la land, ma agli stessi vincitori.

Blank la premiazione, svuotata di senso. Blank la mente di Warren Bitty, confuso dalla lettura di una busta che non capiva. Blank le carriere di Bill, di Matha e di molti altri tra PWC e Academy. Blank, forse, anche la carriera di Jimmy Kimmel. Blank il futuro prossimo degli Oscar.

Doveva essere l’anno dei neri, una risposta alla tanto criticata cerimonia del 2016, l’Oscar So White presidiato dai maschi bianchi etero. Una polemica forse eccessiva, ma che aveva indotto a sperare in una riscossa nera, in un Oscar So Black.

Può darsi che in un’America che si sta facendo più arrabbiata e intollerante, questa svolta non fosse gradita? Che qualcuno abbia oluto trasformare l’evento in un Oscar So Blank?

I premi ai neri sono arrivati lo stesso, ma il discredito perdura. Confidiamo in un 90° anniversario più trasparente e festante. Senza etichette, solo per il Cinema.

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