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INTERVISTA A BRIAN ENO "Il mondo è pieno di pessimi artisti umanamente deliziosi e di ottimi artisti insopportabili"


Polistrumentista, compositore, produttore discografico , scultore pittore e videomaker, Brian Eno è tutto questo. Ha traghettato le ricerche di John Cage e La monte Young verso il rock , il compagno di strada di Brian Ferry , David Byrne e David Bowie, e il produttore degli U2. Il 70 enne all’anagrafica Brian Peter George St.John le Baptiste de la Salle Eno.

Colori ipnotici , suoni avvolgenti per Light music : c’è quasi un clima mistico in questa installazione , d’altronde la sua biografia rivela una solida educazione cattolica. Che ruolo hanno avuto nella sua vita i collegi religiosi e la famiglia osservante?

“Molto importante. Essere cattolico in Inghilterra significa appartenere ad una minoranza. Per voi forse è l’opposto , ma lì sei un outsider e anche se nessuno te lo fa notare cresci sentendoti diverso dai tuoi compagni. Io poi appartenevo a una famiglia molto devota e ho un forte ricordo della chiesa frequentata da bambino. Mi piaceva immensamente, ero incantato dalla musica dell’organo, la luce colorata che entrava dalle finestre, la lingua latina che nessuno capisce ma ha un suono bellissimo :“in nomine patri et filii, spiritus sanctiiii aaaameeennnn”. Una messa è un’opera d’arte totale. E io ero un assiduo frequentatore . Ho anche vinto premi di catechismo, sa?”

La vita però poi l’ha portata a frequentare ambienti molto diversi

“Direi di sì. Ma il cattolicesimo è una costruzione mentale e interiore talmente forte che per uscirne devi per forza fuggire il più lontano possibile. E’ una vera lotta”

E cosa l’ha aiutata a (s)fuggire?

“Ho avuto la fortuna di iscrivermi ad una scuola d’arte sperimentale, con insegnamenti laici. Uno in particolare è stato molto importante per me , era ossessionato dalle teorie cibernetiche e nelle sue lezioni univa musica , matematica e una gamma di cose che normalmente non si insegnano in un’accademia. Sono convinto che quelle lezioni siano state la base della mia formazione”

Più che artistica , quindi, una formazione scientifica?

“Entrambe. Anche Kandinsky, Malevic , i suprematisti russi , i futuristi , le teorie del colore sono stati tutti insegnamenti fondamentali per quello che ho fatto dopo. Anche se allora mi gettavo sull’ìarte astratta perché non ero un gran disegnatore e in fondo al cuore pensavo “Beh, Mondrian lo posso fare anch’io, Raffaello certamente no”

La sua ricerca , però, si direbbe più concettuale alla Duchamp, che pittorica alla Kandinsky…

“Sbagliato! Sono sempre stato interessato alla pittura. Mentre interpreto il dadaismo come una battuta, uno scherzo intelligente e sofisticato, uno scherzo e rispunta ciclicamente nell’arte dagli Anni venti agli Young British Artist. Ma la vera bellezza contemporanea arriva dalla scienza. Ed è una rivoluzione che ci lascia esterrefatti e in quanto artisti ci getta in una crisi profonda. Gran parte delle costruzioni immaginarie ci vengono sottratte da una realtà molto più forte di ogni nostra fantasia: il suono dell’universo , l’immagine di una nebulosa, “l’immensamente grande e l’immensamente piccolo”. Sapere che la bellezza dell’universo è generata da atomi che si uniscono insieme e nella loro semplicità generano cose più complesse cambia il nostro modo di pensare. Sono nozioni così potenti da schiacciarci. Più dell’invenzione della fotografia che mise i pittori di fronte a una tragica domanda “Se c’è uno strumento che può copiare la realtà meglio di me , ora io cosa posso fare?”

E Brian Eno che ha pensato di fare?

“ Io imito le regole della fisica . Parto da elementi semplici , per lasciare che combinino in composizione complesse come queste installazioni visive e musicali – con l’aiuto di programmi informatici – si evolvono in continuazione. E sono consapevole di non poter controllare tutto il processo”

Non la disturba la mancanza di controllo?

“In passato un artista era simile a un architetto: doveva disegnare ogni dettaglio, per dare al mondo un’opera finita. In futuro invece sarà più simile a un giardiniere che pianta dei semi e li lascia crescere. Qui per esempio ci sono i miei fiori e il mio modo di intendere la creazione: un’opera viva, che inizia a esistere solo quando entra nella mente e negli occhi di un visitatore . Questo per me è il futuro dell’arte”

Un futuro sempre più tecnologico , quindi?

“Un mio amico diceva che usiamo la tecnologia per quelle cose che non funzionano come dovrebbero. Probabilmente è anche il mio caso. E’ un mezzo per estendere le mie capacità. Se fossi stato un buon pittore probabilmente non mi sarei neanche avvicinato a un computer! Perché in fondo lavoro su progetti visuali , per convincere il visitatore a guardare uno schermo con la stessa attitudine che avrebbe di fronte a un dipinto. Cerco di costruire un progetto che susciti empatia , silenzio, lentezza. In controtendenza con i valori di velocità e flessibilità che questo sistema di vita e lavoro oggi ci impone”

E che a lei non piace , visto che sostiene il laburista inglese Jeremy Corbyn, che si batte per il salario minimo e non nasconde l’antipatia per il neo-liberalismo

“E non sono il solo. Mi sembra di assistere a un crollo di fiducia verso questo sistema economico. L’ascesa di figure come Corbyn in Inghilterra o di Bernie Sanders in America, ovvero – dall’altra parte – di Donald Trump e Marine Le Pen sono tutti i sintomi di un’insofferenza collettiva. Come britannico spero in un ritorno a una sana idea di welfare. Quella che abbiamo sperimentato nel dopoguerra e che ha funzionato davvero molto bene”

Eppure siamo in una galleria, al centro di un sistema dell’arte che tra fiere e aste da record è in qualche modo lo specchio fedele di quest’economia…

“Non conosco questo mondo , non frequento le aste e neanche le mostre. Sono innocente!”

Almeno l’esposizione dedicata al suo amico David Bowie al Victoria&Albert l’avrà vista

“L’ho vista . Ero molto affollata e , se devo essere sincero fino in fondo, non mi ha molto interessato. Troppi feticci. Non ha senso per me una bio-mostra, che sia sui David o Andy Warhol. Non mi interessa l’uomo , mi interessa l’opera. Il mondo è pieno di pessimi Artisti Umanamente Deliziosi e di Ottimi Artisti Insopportabili. Quella era una tipica mostra blockbuster, di quelle che servono ai musei per riequilibrare i bilanci in tempi di dura crisi come questi”

Mister Eno, ma lei è un ottimista?

“Nel lungo termine . Diciamo che le cose si metteranno meglio tra un secolo e due. Ma per i prossimi 25 anni non c’è molto da stare allegri”

Quindi torniamo alla religione: più che dosi di ottimismo , servono atti di fede?

“Non sono più religioso. Mi consola invece l’idea che questa meraviglia che chiamiamo mondo venga dal nulla. Da cose infinitesimali che si sono messi insieme per creare ricchezza , varietà, complessità. E al culmine di questo processo ci siamo noi. Il cervello umano , la cosa più complessa che il caso ha creato. Niente nell’universo è più spettacolare di un uomo e non c’è un essere superiore a noi. Non c’è un dio onnipotente che ci comanda , a cui dare colpe e meriti. Siamo noi, dio. Siamo noi responsabili del mondo. La scienza lo ha dimostrato. E’ ora di diventare adulti”
 



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