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Umano rifugio

Storie e Notizie N. 1654

C’era una volta il nostro corpo.
Che malgrado il regresso tecnologico, e l’illusione della vicinanza digitale, nelle forme e in buona parte della sostanza è ancora umano.
Capita talvolta d’estate, sulle spiagge, al mare o nei pressi di qualsivoglia corso d’acqua, che si rammenti ciò che ci rende inevitabilmente simili, e spesso identici.
In una sola parola, rifugio.
Questa è davvero una delle misure più attendibili della natura stessa che ci contraddistingue come creature viventi, in ogni tempo e luogo.

Come rifugiati, al sicuro del ventre di una madre, percepiamo il delinearsi dei contorni e dei preziosi quanto fragili contenuti che ci definiscono come unici.
Tutti, nessuno escluso, veniamo al mondo strappati al giusto e ideale calore, ma da quel momento non facciamo altro che agognare il ritorno dell’adorata condizione di un tempo.
Al riparo del rifugio primigenio, se volete.
Con la sensazione che nulla sia cambiato da quei pochi mesi, affrontiamo la vita, crescendo e soffrendo come se fossero la stessa cosa, e tutto potrà risultare agevole o arduo finché potremo contare o meno, in ogni istante ne avvertiremo il bisogno, sulla possibilità di rifugiarci nel luogo dove siamo stati allevati.
Chiamali genitori, dì pure famiglia, usa anche la parola casa, la tua, la mia, il risultato non cambia, perché laddove agiscano con la sufficiente quantità d’affetto e attenzione, in ogni momento incontrerai ostacoli troppo grandi per te, saprai sempre dove tornare.
A rifugiarti, già.
Così, in conseguenza di tutto ciò, il vero protagonista di questa breve storia, il nostro corpo, impara quel che esso stesso suggerisce, alla stregua della lezione che coloro che ti hanno accolto ti hanno impartito nel tempo.
E se avrai la buona sorte che tutto andrà per il meglio, qualora servirà, ci sarà qualcosa o qualcuno ad aver cura di te.
A offrirti il rifugio che meriti.
D’altra parte trattasi di natura nella sua perfezione, dimostrata da molteplici esempi.
Quando la memoria rimuove dalla mente ricordi eccessivamente spiacevoli, dona rifugio a ciò che potrebbe farti soffrire più del dovuto.
Semmai il dolore sia mai stato un inderogabile obbligo, ovviamente.
E allorché la pena sarà troppa per essere compressa nel cuore, le lacrime la trascineranno al di fuori di te, cercando rifugio nella compassione del prossimo.
Laddove la paura del vivere, o di morire, diverrà insostenibile dagli innegabili limiti della tua immaginazione, quest’ultima ti mostrerà un dono magico insito in se stessa.
Leggi pure come la tanto sottovalutata fantasia, ovvero la capacita di riempire i vuoti scavati dall’erosione dell'esistenza tramite tutte le meraviglie possibili o meno.
Be’, lo considero ancora oggi uno degli umani rifugi di cui assai difficilmente potrò fare a meno per il resto dei miei giorni.
Perché noi siamo rifugio di noi stessi, ancora prima che degli altri, nel bene come nel male.
I nostri sentimenti più vulnerabili divengono all’improvviso fortezze inespugnabili, per il timore che vengano contaminate da quelli altrui, anche nel caso in cui l’inaspettata miscela potrebbe trasformarsi in amore.
Nel mentre, però, siamo convinti di proteggerci e siamo fieri di aver fatto tutto da soli.
Nondimeno, siamo capaci anche dell’opposto, allorché la fragile pancia si decida finalmente ad abbattere i mattoni d’orgoglio che compongono i muri al confine della nostra solitudine.
In quell’attimo straordinario, siamo rifugio l’uno per l’altro, e insieme, a nostra volta, possiamo esserlo per chi ci ascolta o guarda, da vicino o lontano.
È come quando si osservino persone ballare, fortunate per il solo motivo di aver trovato il coraggio di fidarsi delle note, e si provi quale istintiva reazione l’irresistibile desiderio di unirci alla danza.
Anche questo è l’esempio di quante cose al mondo ci siano in grado di offrire rifugio a chiunque, gratuitamente.
Sto parlando della musica, che malgrado la nostra trascurabilità nel racconto generale, era qui prima di noi e ci sarà anche dopo.
Sto parlando della pagina bianca che ha avuto la generosità di ospitare queste mie parole.
Sto parlando di te che leggi e che hai avuto la pazienza di accoglierle.
Grazie, davvero, perché in questo momento, anche solo per un istante, stai dando rifugio ai miei sogni dentro di te. E so bene quanti ne abbiamo tutti, di inespressi, per apprezzare quanto valga il regalo del far spazio a quelli altrui.
Indi per cui, se oggi è la Giornata mondiale del rifugiato – e grazie al cielo che ne esista almeno una conclamata – è come dire che è la festa di tutti.
Perché cercare rifugio, o darlo, sono le azioni più frequenti e significative del vivere da umani.


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